"GLI UCCELLI" DI ARISTOFANE
alla necropoli orientale della città etrusca di Marzabotto
in collaborazione con Compagnia d’Arte “Teatro Perché” di Bologna
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Comunicato stampa

Tre serate di teatro nella suggestiva cornice della necropoli orientale della città etrusca di Marzabotto, dove va in scena il capolavoro di Aristofane, una commedia di straordinario spessore politico e morale

Un'immagine tratta dalla rappresentazione dell'anno scorso, "I Cavalieri" sempre di AristofaneMarzabotto (Bologna)
necropoli orientale della città etrusca
via Porrettana Sud n. 13

da venerdì 26 a domenica 28 giugno 2009
alle ore 21.15
"Teatro Perchè" Compagnia d'Arte Bologna

mette in scena

”Gli uccelli” di Aristofane

per la regia di Gabriele Marchesini

ingresso € 7,00
info 051.6780511

in caso di pioggia lo spettacolo è sospeso

Più che un classico, un testo con cui i teatranti si confrontano da 2400 anni, "Gli Uccelli" è una commedia politica. Anzi, un'altissima commedia politica, idealista e pacifista. Qualcuno ha perfino detto "comunista", ante litteram, naturalmente.
Non si erano ancora spenti gli echi delle gioiose nozze di Trigeo, e della pace effettivamente conclusa (421 a.C.), che già qua e là la guerra scoppiettava in tutta la Grecia e Atene brulicava di intrighi politici. D'un tratto un sogno comune solleva gli spiriti: la conquista della Sicilia, il dominio si tutti i mari. Un'aspirazione, un'utopia, cui seguono i tristi presagi, i primi tradimenti, gli scacchi e poi Alcibiade, richiamato con l'accusa di complicità.
È in questo clima, è tra questi avvenimenti che Aristofane compone "Gli uccelli", portata in scena per la prima volta
nel 414 a .C .
La commedia rispecchia la stanchezza dell'autore. Se persino la poesia ha perso la sua efficacia, non resta che fuggire. Non solo da Atene, non solo dalla terra: qui ci vuole un altro mondo. "Gli uccelli" riprendono in fondo il mito dell'età dell'oro o del paese del Bengodi. Ma è facile trovare riferimenti con la realtà politica vissuta da Aristofane sia nella figura di Pisetero, che cerca pace e finisce per far guerra agli Dei per dominare questi e gli uomini, sia in quella degli uccelli, creature libere e perfette che si fanno abbindolare dalle chiacchiere del primo venuto.
Il grande merito de “Gli uccelli” sta nel suo essere eternamente attuale, come eterni sono i sogni dell’uomo. Il tema trattato è quello dell’individuo che vuole fuggire dalla propria città perché troppo corrotta. Cerca così scampo in un mondo “puro” che però finirà per votare allo stesso triste destino della sua patria di origine, dimostrazione della futilità di ogni utopico desiderio umano.

La trama è abbastanza semplice. I protagonisti, Pisetero ed Evelpide (ovvero Gabbacompagno e Sperabene, se adottiamo la calzante versione di Ettore Romagnoli, Torino 1909), sono due Ateniesi stanchi di vivere nella propria città, opprimente a causa di un’infinita serie di processi giudiziari. Seguendo i consigli di un gracchio e una cornacchia che portano con sé, i due decidono di insediarsi nel mondo degli uccelli, l’unico lontano da noie e dispiaceri. I volatili, come è logico, detestano gli umani, che riescono però a farsi accettare grazie alla mediazione dell’Upupa, che, secondo il mito, era in origine un uomo (il re di Tracia Tereo), trasformato poi in un uccello.
Questo “mondo alternativo” inizia però presto a stare stretto ai due protagonisti: perché accontentarsi di pace e riposo quando si potrebbe dominare il mondo intero? La mente di Pisetero partorisce un progetto folle: costruire un'enorme città degli uccelli nel cielo, a mezza strada tra gli uomini e gli Dei, per intercettare il fumo delle vittime dei sacrifici che dai mortali sale ai celesti (questi fumi erano considerati il nutrimento degli dei). In questo modo avrebbe avuto il dominio sia sugli uni che sugli altri. Seppur titubanti, gli uccelli si lasciano convincere da Pisetero e si dà inizio alla grande costruzione.
Ecco innescato il processo di corruzione: non c’è luogo in cui l’uomo, anche quando ha trovato la pace, rinunci alla sua sete di dominio assoluto.  Assunta la direzione dei lavori, Pisetero si esenta da ogni fatica, cedendo il compito all’amico Evelpide.
Gli dei infuriati mandano una delegazione alla nuova città (battezzata Nubicuculia), per far desistere gli uccelli dai loro propositi. Gli uccelli, invece, consci della propria superiorità, non solo non cedono ma offrono ai nuovi venuti un piatto ricolmo di loro fratelli arrostiti, oppositori del regime puniti secondo le ferree regole di una dittatura.
La delegazione, formata da Poseidone, Eracle e Triballo (una divinità straniera, che parla una lingua stranissima), ascolta la volontà degli uccelli, istigati da Evelpide e Pisetero: gli abitanti di Nubicuculia diventeranno esecutori diretti della volontà di Zeus, ma se il padre degli dei vorrà di nuovo godersi i deliziosi profumi dei sacrifici, dovrà acconsentire al matrimonio di Pisetero con Basilia, la donna depositaria dei fulmini, simbolo del potere assoluto.
La commedia si chiude con la parata trionfale dei due protagonisti, ora assisi sul trono della nuova città.

L’intento comico di Aristofane è perfettamente traslabile in chiave moderna. Fin troppo facile l'analogia con la politica attuale, evidente in molte scene. Ma la satira politica è l'anima delle commedie di Aristofane e le rappresentazioni moderne non fanno altro che riadattare, non certo travisare, il significato originale dell’opera.
Suona amara l’ultima battuta di Evelpide mentre i due protagonisti sono assisi sul trono ed osannati da folle di uccelli per i loro grandi meriti: “Pisetero, torniamo a casa ?”.  Pur sognando un mondo nuovo, utopico e perfetto, pur desiderando sfuggire alla scomoda realtà quotidiana, l'uomo ha invece finito per ricreare se stesso, i suoi torti, le sue ingiustizie e la sua sete di dominio assoluto, corrompendo così il paradiso, un tempo felice e pacifico, degli uccelli.

Come tutti i grandi capolavori, Gli Uccelli ha ispirato poeti e drammaturghi tra i più diversi, basta pensare, e solo per il Novecento, a Bertolt Brecht o al Pier Paolo Pasolini di Uccellacci e uccellini. Ma l’aspirazione alla ‘città ideale’ ha attraversato i secoli come un’esigenza ricorrente, passando dal Rinascimento toscano ai grandi filosofi come Kant e Hegel, fino agli utopisti dell’Ottocento che tanto pesarono nella formazione di Karl Marx.
Attraverso una comicità surreale e lirica, fantastica e liberatoria, “Gli uccelli” è un’opera colma di spirito di contestazione. Nonostante la sua ideologia aristocratica e conservatrice, Aristofane risulta qui più moderno di ogni moderno, nel rivendicare la necessità della gioia, della concretezza e dei piaceri del corpo, dal cibo, al sesso, al godimento della natura. E’ il grande sogno della creazione di una società libera e felice, dove gli uomini, riconquistato il rapporto con la natura, possano vivere nel migliore dei mondi possibili.
Intrisa di comicità e sarcasmo, questa commedia dissacra tutti i miti di allora come di oggi; e mentre ridiamo di cuore pensiamo alla verità dei suoi significati. Cos’è e dove si trova il regno di Utopia? E’ forse il palcoscenico dove è possibile, nello stesso momento, la realtà e il sogno? Nel racconto di Aristofane, il regno di Utopia si trasforma a poco a poco nel mondo che conosciamo con le sue strutture e le sue figure: poetastri e politicanti da strapazzo, lenoni e parricidi, dèi e uomini vengono a bussare alla porta del "neo-regista" Pisetero, chiedendogli, con insistenza, di essere rappresentati. In questo Teatro del Mondo tutti gli stili teatrali concorrono alla rappresentazione: è il teatro con i suoi infiniti umori e linguaggi a rappresentarsi.

La Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, e in particolare la Direzione del Museo Nazionale Etrusco di Marzabotto, dedicano queste serate al ricordo di Angela Baviera, anima e amica delle precedenti edizioni del teatro nella necropoli etrusca

Lo spettacolo di Marzabotto rientra nel “Progetto Dioniso” che coinvolge Provincia di Bologna, Comune di Marzabotto, Museo Nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bologna, Centro Teatrale Universitario dell’Università di Ferrara e “Teatro Perché” Compagnia d’Arte Bologna, con la direzione artistica di Gabriele Marchesini e la consulenza scientifica di Angela Maria Andrisano.
Le tre serate di teatro si svolgono in concomitanza con il festival dell’Occidente “Kainua” che si tiene nel parco vicino alla stazione di Marzabotto

Promosso da:

Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, Museo Nazionale Etrusco "Pompeo Aria" di Marzabotto, Comune di Marzabotto e “Teatro Perché” Compagnia d’Arte Bologna in collaborazione con la Provincia di Bologna, la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bologna e il Centro Teatrale Universitario dell’Università di Ferrara

Quando: da venerdì 26 a domenica 28 giugno 2009, alle ore 21.15
Costo biglietto: € 7,00
Città: Marzabotto
Luogo: Necropoli orientale della città etrusca
Indirizzo: Via Porrettana Sud n. 13
Provincia: Bologna
Regione: Emilia-Romagna
Consulenza scientifica: Angela Maria Andrisano
Informazioni: URP Comune di Marzabotto tel. 051.6780511

articolo di Carla Conti