Bacile tripode e calderone in bronzo dalla necropoli villanoviana di Verucchio
Restauro 2009
Home - Compiti - Restauro - Bacile, calderone (da Verucchio - RN)
 

Nel 2008, durante i lavori preliminari del futuro Parco archeologico di Verucchio, sono venute alla luce numerose tombe della necropoli villanoviana situata ai piedi della Rocca Malatestiana.
Dalla Tomba 12 della necropoli Lippi sono emersi un bacile e un calderone in bronzo, rinvenuti l'uno dentro l’altro, schiacciati e deformati a causa della pressione esercitata dal peso della terra.

Il calderone e il bacile al momento del ritrovamento 
Il calderone e il bacile al momento del ritrovamento (Archivio foto SAR-ERO)

Gli oggetti sono stati prelevati dallo scavo con il pane di terra, imballati e trasportati presso il Laboratorio della Soprintendenza per il restauro.
Particolarmente complessa si è rivelata l’operazione di svuotamento dalla terra per liberare gli oggetti, in quanto, al momento dell’intervento di restauro, si era oltremodo indurita e ciò ha reso più difficoltoso lo smontaggio tramite il distacco e il prelievo delle varie porzioni.
Gli oggetti si presentavano molto frammentati, soprattutto nella zona del fondo, anche a causa dello sfondamento della lamina provocato dalla rottura dei piedi, che in seguito alla conformazione dell’oggetto, si erano ripiegati spezzandosi.

Sfondamento della lamina del bacile  Particolare dello sfondamento della lamina
Sfondamento della lamina del bacile (foto Micol Siboni, SAR-ERO)

La mineralizzazione del metallo poi, generando una condizione di estrema fragilità della lamina, aveva concorso alla particolare frammentarietà dei due oggetti, a cui vanno aggiunte alcune difficoltà operative in fase di scavo che avevano comportato la necessità di effettuare il prelievo senza un sufficiente spessore di terreno sottostante, compromettendo la possibilità di mantenere in posizione i numerosissimi piccoli frammenti del fondo del calderone, rimasti così slegati.
Durante lo svuotamento, effettuato per successivi livelli, sono state fatte numerose fotografie per posizionare temporaneamente i frammenti (man mano trovati e liberati dalla terra) nella posizione di rinvenimento, senza perdere la loro collocazione.

Frammenti del fondo del calderone  Posizionamento dei frammenti durante lo smontaggio
Da sin. Frammenti del fondo del calderone e posizionamento dei frammenti durante lo smontaggio  (foto Micol Siboni, SAR-ERO)

Ciò ha permesso in seguito di poter effettuare la ricerca degli attacchi tenendo conto dell’interpretazione dei dati di crollo e dello schiacciamento dei due oggetti, agevolandone così la ricostruzione.
Le porzioni della zona dell’orlo e parete -parti maggiormente solide che, anche se frammentate e fessurate, erano rimaste in posizione- sono state temporaneamente consolidate e fermate mediante l’applicazione di garze con resina acrilica.

Fessurazione e frammentazione degli oggetti  applicazione di garze con resina acrilica
Da sin. Fessurazione e frammentazione degli oggetti e applicazione di garze con resina acrilica (Foto Micol Siboni, SAR-ERO)

Sono stati poi creati dei gusci contenitivi, mediante l’applicazione di bende gessate, che hanno permesso lo smontaggio tramite il distacco della relativa porzione inglobata, mantenendo i frammenti in connessione.
Per il bacile inoltre, sempre mediante l’utilizzo di bende gessate, è stato fatto un calco della parte meglio conservata, da usare in seguito come base d’appoggio per la ricostruzione della porzione più frammentaria e lacunosa.

Applicazione delle bende gessate  Calco della parte meglio conservata da usare come base d’appoggio per la ricostruzione
Da sin. Applicazione delle bende gessate e calco da usare come base d’appoggio per la ricostruzione  (foto Micol Siboni, SAR-ERO)

Le parti staccate erano spesso costituite da numerosi piccoli frammenti che, anche se in apparente connessione tra loro, non risultavano essere nella corretta posizione per l’incollaggio e presentavano incrostazioni e concrezioni di prodotti di corrosione sulla superficie di frattura.

Calco da usare come base d’appoggio per la ricostruzione   Calco da usare come base d’appoggio per la ricostruzione
Calco della parte meglio conservata da usare come base d’appoggio per la ricostruzione  (foto Micol Siboni, SAR-ERO)

Si è quindi proceduto a rimuovere la garzatura e ad effettuare una prima parziale pulitura, per permettere il corretto posizionamento ed incollaggio. Dopo avere conferito maggiore solidità a seguito della ricostruzione, operata attraverso l’incollaggio e l’integrazione delle parti mancanti, è stata effettuata una pulitura più approfondita, orientata alla messa in luce della superficie originale, per restituire la leggibilità dei particolari decorativi e dei segni di lavorazione, nascosti dalle incrostazioni terrose e dai prodotti di corrosione del metallo.
Si è operato principalmente con mezzi meccanici, ammorbidendo le incrostazioni con una soluzione di acqua demineralizzata e alcool etilico al 50%, utilizzando il bisturi, piccole frese e spazzoline morbide montate su microtrapano, lavorando sotto il microscopio binoculare. La stabilizzazione del metallo è stata effettuata mediante l’applicazione di Benzotriazolo per l’inibizione della corrosione, il consolidamento e la protezione superficiale sono state operate attraverso l’applicazione di resina acrilica.
A restauro ultimato, considerata la fragilità e l’eccessivo sforzo meccanico esercitato dal peso degli oggetti su sé stessi, sono stati creati supporti in plexiglass, opportunamente sagomati per permettere di scaricare tale peso. Per la creazione del supporto è stato realizzato un calco sul quale modellare la base di appoggio del bacile.

Creazione del supporto in plexiglass  Realizzazione del calco per la modellazione della base d'appoggio
Da sin. Creazione del supporto in plexiglass e realizzazione del calco per la modellazione della base d'appoggio - Foto Micol Siboni, SAR-ERO

Durante il restauro sono stati campionati -per le analisi- i carboni e i semi trovati nella terra all’interno degli oggetti ed è stato anche fatto il campionamento della terra presente all’interno delle cavità nei piedi del bacile poiché si erano osservate tracce di fibra vegetale che avevano fatto pensare alla possibilità che vi fossero piedini di legno che non si erano conservati.
Per poter individuare i punti precisi dei prelievi dei campioni e non perdere le informazioni relative alla dinamica del crollo, sono state attribuite delle lettere ai diversi frammenti dei piedi del bacile e sono state registrate sulle fotografie digitali.

Registrazione delle lettere attribuite ai frammenti dei piedi del bacile  Registrazione delle lettere attribuite ai frammenti dei piedi del bacile
Registrazione delle lettere attribuite ai frammenti dei piedi del bacile   (foto Micol Siboni, SAR-ERO)

Nella ricostruzione si sono rispettate le deformazioni degli oggetti, considerate parte integrante della loro storia.
Gli oggetti sono esposti dal 2010 nel Museo Civico Archeologico di Verucchio.

Bacile tripode in bronzo a restauro ultimato Calderone in bronzo a restauro ultimato

Il bacile tripode e il calderone in bronzo a restauro ultimato (foto Roberto Macrì, SAR-ERO)


Informazioni scientifiche del Laboratorio di restauro della SBAER, restauratrice Micol Siboni
 Referente per la parte archeologica, Annalisa Pozzi (archeologa)

Foto di Roberto Macrì e Micol Siboni  (Archivio Soprintendenza Archeologia Emilia-Romagna)

Pagina a cura di Carla Conti