4.1. Piacenza, Largo Matteotti ex Albergo Croce Bianca
4.2. Vigolzone, Borgo di Sotto, area Celaschi
Provincia di Parma
4.3. Parma, via della Repubblica
4.4. Marzolara di Calestano, loc. Ferlaro
4.5. Fidenza, via Bacchini, ex Caserma dei Carabinieri
Provincia di Reggio Emilia
Provincia di Ravenna
4.7. Ravenna, Viale G. Pallavicini.
4.8. Classe, via Marabina, podere Chiavichetta.
4.9. Classe, podere Chiavichetta
4.10. Ravenna, loc. Palazzolo, tra via S. Alberto e via Romea nord
4.11. Faenza, ex palazzo Grecchi
Provincia di Forlì - Cesena
4.12. Forlimpopoli, via Zampeschi
4.13. Modigliana
4.14. Barisano, chiesa di S. Martino
4.1. Piacenza, Largo Matteotti ex Albergo Croce Bianca
L'esplorazione archeologica realizzata in
Piacenza nei mesi dell'autunno-inverno '95 in occasione della
ristrutturazione dell'immobile dell'albergo Croce Bianca, a cura
della BUILD Costruzioni, ha interessato la porzione del cortile
interno Ovest dello stabile, vale a dire un'area posta nel centro
storico cittadino, a poca distanza da P.zza Cavalli e da Palazzo
Farnese.
Nel corso dei lavori, che hanno raggiunto la profondità di circa
m 2,50 dal piano cittadino attuale, indicata come quota base del
cantiere negli elaborati progettuali relativi alla realizzazione
di un parcheggio interrato, oltre a strutture pertinenti alle
diverse fasi di ristrutturazione subite dall'immobile in questo
secolo è stata evidenziata una complessa stratificazione urbana
riferibile per lo più a fasi doccupazione postantiche
(cfr. scheda relativa in questo stesso volume).
Alla quota base di cantiere oltre a resti di fondazioni in
ciottoli presumibilmente depoca medievale sono stati
individuati i rti di una calcara .
La struttura, localizzata in corrispondenza del vano scala
dell'edificio, risultava pesantemente danneggiata in quanto
tagliata in direzione est-ovest dalle fondazioni di uno dei muri
(muro nord) di delimitazione del cortile stesso e in direzione
nord-sud da una delle cantine dello stabile.
Quel che restava della struttura, individuata da una traccia
ellittica di argilla concotta dellampiezza di poco più di
un metro, era sigillato da un livello di abbandono costituito da
terriccio nerastro, ricco di carboni, scorie vetrificate, ossa
animali e rari frammenti ceramici , frammenti di vasi in pietra
ollare con tracce di un antico restauro. Allintorno un
livello contenente ceramiche romane e abbondante materiale
lapideo sia pertinente a elementi architettonici sia crustae marmoree
di pavimenti in opus sectile. Allinterno del
manufatto, che presentava pareti vetrificate per azione del
calore e traccia di un prefurnio, abbondantissime le scorie e i
noduli di pietre calcaree non completamente calcinate, la calce
e, nello strato più basso, ceneri e carboni.
Il ritrovamento, per quanto gravemente danneggiato, è ulteriore
testimonianza delle pesanti spogliazioni cui venne sottoposta la
città di Piacenza alla fine del mondo romano di cui è esempio
emblematico laccumulo di materiale marmoreo, tra cui la
famosa statua firmata dallartista ateniese Kleomenes, rinvenuto
presso le mura meridionali della città.
Lesplorazione, diretta dalla scrivente che si è avvalsa
dell'assistenza della Ditta GEA di Parma (dott. Cristina
Anghinetti), è stata realizzata col liberale finanziamento della
BUILD Costruzioni, proprietaria dell'immobile.
Manuela Catarsi DallAglio
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4.2. Vigolzone, Borgo di Sotto, area Celaschi
In comune di Vigolzone, nellarea dello
stabilimento Celaschi, sono venute in luce, nellottobre
1995, in seguito a lavori di sbancamento per la costruzione di un
capannone, tre tombe a cassetta di mattoni di età altomedievale.
Le tombe sono emerse alla profondità di 40 - 50 cm. Dal piano di
campagna attuale, subito sotto lo strato arativo. Le tombe erano
a cassetta di mattoni sesquipedali, riutilizzati, con spallette
costituite da mattoni poggiati verticalmente sul terreno, fondo
di tegole e copertura pure in sesquipedali, tolta al momento
della scoperta occasionale; erano orientate est/ovest, con il
capo dellinumato a ovest; erano ad inumazione singola, con
scheletro disteso supino, col capo appoggiato su un mattone e
presentavano alcuni oggetti di corredo; uno degli scheletri era
infantile.
Nella tomba 1 si rinvenne un pettine in osso, un coltello in
ferro posto sotto il braccio destro e un piccolo pugnale in
ferro; nella tomba 2 un pettine in osso sul petto; nella tomba 3
un vaso in ceramica.
Il materiale di corredo, mal conservato, è stato prelevato dai
restauratori della ditta "Opus Restauri" ed è
attualmente in fase di restauro. Degli oggetti in ferro sono
state eseguite radiografie che hanno messo in evidenza alcuna
decorazione.
Le tombe, per il materiale di corredo, si possono attribuire al
VI sec. d.C. e allethnos longobardo.
Gli scavi sono stati seguiti da Cristina Mezzadri e controllati,
durante una mia assenza per infortunio, da Maria Bernabò Brea.
Piera Saronio
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4.3. Parma, via della Repubblica
Lavori di scavo realizzati dalla TELECOM e
dallAzienda per i Servizi Pubblici (AMPS) di Parma tra gli
anni 1992 e 1994, lungo il tratto urbano della Via Emilia
compreso tra la cinta farnesiana ad ovest e lantico foro
romano, oggi P.zza Garibaldi, ad est, hanno consentito di
acquisire importanti risultati per la ricostruzione delle vicende
urbanistiche della città.
Per quanto lintervento della Soprintendenza si sia, per lo
più , limitato al controllo degli scavi eseguiti dalle due
Aziende, che per loro natura, si sono generalmente mantenuti a
quote non inferiori a m.1,50 dal piano cittadino attuale,
approfondendosi soltanto nel caso di realizzazione di camerette
di raccordo alle tubazioni o di centraline elettriche o
telefoniche senza tuttavia mai raggiungere livelli di piena età
romna, ciononostante i risultati ottenuti si possono ritenere
abbastanza soddisfacenti.
Pur rimandando per la più parte di informazioni alla scheda
relativa al Medioevo basti in questa sede ricordare come gli
scavi hanno inequivocabilmente dimostrato come il piano della
città in 2000 anni di vita si è alzato di circa m. 3 nel cuore
del nucleo storico, ma la potenza dellaccumulo va
rapidamente scemando in direzione Est, verso Barriera Repubblica
dove, compatibilmente con lantica morfologia dei terreni,
che recano in questo settore cittadino traccia del passaggio di
un corso dacqua preistorico (probabilmente il Cinghio) e
dellinsediamento delletà del Bronzo identificato nel
secolo scorso dal Pigorini, è stato individuato allaltezza
di Palazzo Rangoni, attuale sede della Prefettura, un piano
stradale depoca tardo-antica, vista la presenza tra i sassi
dellacciottolato, di una moneta di IV sec. d. C. (D/ testa
di imperatore (illeggibile) SOL INVICTVS COMITIS; R/ Vittorie che
incoronano trofeo).
E stato inoltre possibile riconoscere il punto di rottura
grosso modo allaltezza dellincrocio con Via Cairoli e
Via XXII Luglio dove sorge la chiesa di S. Cristina, una delle
più antiche della città. Proprio in questo punto gli scavi,
subito al di sotto dellattuale piano stradale, hanno
portato in luce brani di una potente muratura, in conglomerato,
sicuramente da rapportarsi, visto la tecnica costruttiva che
utilizza anche materiali di spoglio, e la sua posizione, alla
cinta muraria cittadina innalzata nel 270 d.C. in occasione del
passaggio in zona di Alamanni e Iutungi e mantenuta in funzione,
in quel punto, fino al pieno Medioevo, così come testimoniato
dalle fonti letterarie.
Lintervento è stato eseguito sotto la direzione
scientifica della Soprintendenza ai Beni Archeologici con
lassistenza della Ditta Gea di Parma.
Manuela Catarsi DallAglio
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4.4. Marzolara di Calestano, loc. Ferlaro
Nel corso dei lavori per la realizzazione delle
opere primarie di urbanizzazione nella lottizzazione "La
Ponticella", che lImpresa S.I.M.A.R. sta realizzando
alla periferia di Marzolara in loc. Ferlaro, gli scavi portavano
in luce, nel settembre del 1993, tracce di un insediamento antico
di cui si era perso ogni ricordo.
Grazie alla tempestiva segnalazione di Leonardo De Marchi,
allepoca impegnato in ricognizioni di superficie per la
redazione di una tesi di laurea in archeologia, la Soprintendenza
ai Beni Archeologici poteva programmare una serie di interventi
che, per quanto non esaustivi, hanno consentito di comprendere la
reale natura del ritrovamento e predisporne unadeguata
azione di tutela.
Al fine di contenere al minimo i danni che linatteso
rinvenimento veniva a portare ai lavori edili ormai imminenti,
venivano innanzi tutto realizzati nel corso del 1994 una serie di
accertamenti preliminari, che portavano a circoscrivere
larea di interesse archeologico a tre soli lotti, situati
nella parte più alta della lottizzazione.
Negli altri terreni potevano così riprendere i normali lavori di
cantiere, mentre la Soprintendenza poteva programmare, sulla
scorta dei risultati ottenuti una campagna di scavo sistematica
che veniva iniziata, con finanziamenti ministeriali nel corso del
1995 e proseguita con un piccolo contributo privato (famiglia
Dattaro) nel 1996.
I lavori , per quanto non esaustivi, hanno consentito di
riportare alla luce numerose strutture (un pozzo con camicia in
ciottoli a secco e diverse murature in pietrame, di cui una ad
andamento circolare) individuanti piccoli ambienti rettangolari),
riferibili ad un insediamento sorto a controllo del guado sul
torrente Baganza e della strada che risaliva la vallata.
Sulla scorta dei materiali recuperati (numerose ceramiche ed
alcune monete), è stato inoltre possibile datare
linsediamento al Tardo-antico.
Per quanto prematuro, dal momento che lindagine
archeologica è solo agli inizi, in considerazione della
dislocazione degli edifici individuati, dei loro rapporti
strutturali e della loro posizione strategica, è fin dora
possibile escludere che si tratti di una delle tante villae
depoca romana sorte nel territorio della media valle e
proporre, almeno in via ipotetica, linserimento di questo
insediamento nella serie di fortificazioni erette sul confine
dagli opposti schieramenti nel corso della guerra greco-gotica
(536-552 d.C.).
Sebbene solo il completamento delle indagini e lo studio
sistematico dei materiali potranno dare risposte significative è
, tuttavia, interessante notare che sullopposta riva del
torrente, seppure un poco più a valle, si trova il paese di S.
Vitale Baganza, di evidente titolatura bizantina.
Non è dunque improbabile che qui sorgesse una delle
fortificazioni minori del limes e che ce ne fosse una
anche a Marzolara, collegata a vista alla precedente.
La torre davvistamento a Marzolara può forse riconoscersi
in quel che resta della muratura circolare individuata dagli
scavi, o poteva sorgere sullaltura alle spalle
dellattuale lottizzazione o, ancora, sul monticello
isolato, posto nelle immediate vicinanze, su cui in prosieguo di
tempo, sorgerà il castello medievale.
Se così fosse gli ambienti rettangolari evidenziati potrebbero
essere ricondotti alle anguste casermette delle truppe di stanza
sul posto.
I lavori, diretti dalla scrivente con lassistenza della
dott. Nicoletta Dondi e limpiego delle maestranze della
Ditta Quattoli di Lugagnano Val dArda.
Manuela Catarsi DallAglio
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4.5. Fidenza, via Bacchini, ex Caserma dei Carabinieri
Lo scavo condotto negli anni 1992-94 col
finanziamento del Consorzio Edile Emiliano nel settore cittadino
sorto a margine del nucleo romano del municipium di Fidentia
ha permesso di constatare come l'edificio della vecchia caserma
dei Carabinieri, altri non era che il convento dei Frati Minori
Conventuali, riedificato nella prima metà del secolo scorso al
la caduta del dominio francese in sostituzione di un convento
più antico raso al suolo, sullo scorcio del 700 a seguito dei
provvedimenti napoleonici.
Al di sotto di alcune strutture murarie in pietrame riconducibili
alle fondazioni del convento originario e ad un livello di XI
secolo caratterizzato dalla presenza di silos per granaglie
interrati, sigillati da un strato di terreno alluvionale sterile
sono stati riportati in luce due livelli distinti di capanne di
legno di quercia.
Quelle del livello superiore, possono essere genericamente
datate, sulla scorta dei pochi materiali recuperati (per lo più
pentole in pietra ollare) e in base alla seriazione
stratigrafica, tra il VI e il X sec. d.C. mentre quelle
riferibili alla fase insediativa più antica al Tardoantico.
Le capanne del livello inferiore che, in taluni casi risultano
quasi combaciare perfettamente a quelle della fase più recente,
quasi ne fossero una ricostruzione, sono come le altre di forma
rettangolare, ma realizzate con una tecnica completamente
diversa.
La struttura meglio conservata, di m. 5 di lunghezza per 10,50 di
ampiezza risultava divisa da un tramezzo centrale in due
ambienti. Per la sua costruzione erano state impiegate per lo
più assi e pali di quercia e la sua intelaiatura si fondava su
una serie di pali portanti di circa 20 - 25 cm. di diametro.
Questi ultimi, nel numero di 5 per lato di ogni ambiente,
sorreggevano dall'interno della struttura, una serie di assi
disposte orizzontalmente a formare le pareti e ad essi
apparentemente soltanto appoggiate. Una doppia fila di pali
sorreggeva anche il divisorio interno.
Al suo interno sono stati recuperati numerosissimi materiali sia
metallici (soprattutto attrezzi da lavoro) che ceramici
(soprattutto ciotole a listello) e vegetali (es. canestri di
vimini , piatti , cucchiai , pettini di legno, un contenitore
ottenuto svuotando una piccola zucca ) in discreto stato di
conservazione.
Una monetina in bronzo (AE 4), che per quanto corrosa lascia
intuire un tipo monetale in uso dalla fine del IV sec.d.C.( a D/
testa dell'imperatore a ds. (Teodosio, Arcadio od Onorio ?) a R/
due Vittorie con corona al centro), ma la cui circolazione può
essersi protratta per qualche tempo costituisce un prezioso
indicatore cronologico.
Vista leccezionalità del ritrovamento soprattutto dovuta
allo stato di conservazione del materiale ligneo che ne fa un unicum
in Italia è stato predisposto con la consulenza
dellIstituto Centrale per il Restauro (dott. Costantino
Meucci) un piano articolato volto non solo alla conservazione dei
resti ma alla loro musealizzazione in situ.
Allo scavo, diretto dalla scrivente, hanno collaborato Patrizia
Raggio del Museo di Parma, la Cooperativa Archeologica Lombarda e
le maestranze della Ditta Quattoli di Lugagnano Val dArda
(PC).
Manuela Catarsi DallAglio
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Durante lavori di sistemazione di una
conduttura presso la sede stradale S.Ilario-Montecchio Emilia,
sul bordo occidentale del percorso viario attuale, in una trincea
eseguita con il mezzo meccanico, è stata rinvenuta ed in parte
danneggiata una tomba ad inumazione. Al momento dell'intervento
della Soprintendenza la struttura sepolcrale appariva tagliata
presso la testata orientale ed emergeva in sezione nella parete
ovest della fossa praticata. Ampliato lo scavo in superficie per
un'area quadrangolare si è effettuata un'esplorazione
sistematica, che ha messo in luce la tomba; questa era a cassa
costruita con embrici (copertura e fondo) e grandi ciottoli
(pareti), commessi con cura senza malta e disposti in maniera
regolare; all'interno si conservavano i resti del defunto in
posizione supina, privo di corredo di accompagnamento; i piedi
erano stati asportati nel danneggiamento provocato dalla trincea
che ne ha permesso lo stesso ritrovamento. All'esterno mancava un
chiaro livello di frequentazione in connessione, probabilmente a
causa di un lento e costante processo di sedimentazione. La
cronologia può essere proposta solo sulla base della struttura e
sembra rimandare ad età tardo-antica, forse tra il IV ed il V
sec. d.C.
Lo scavo è stato condotto con la collaborazione del sig. S.
Sani, dell'ispettore onorario di Quattro Castella G. Barbieri e
del Gruppo Archeologico di S.Ilario
Enzo Lippolis
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4.7. Ravenna, Viale G. Pallavicini.
Il percorso della rete fognaria urbana,
realizzato nel 1996, ha attraversato la zona delle mura comprese
fra la via Circonvallazione piazza d'Armi e viali S. Baldini; il
tracciato proseguiva in viale G. Pallavicini sino in
prossimit della Stazione Ferroviaria, in piazzale L. C.
Farini; i lavori sono stati eseguiti dalla ditta S.C.O.T. di
Mercato Saraceno (FO).
La trincea, in corso d'opera, aveva una larghezza di m. 2,80 e
raggiungeva una profondità di m. 2,70; le paratie di
contenimento, poste a protezione delle pareti, hanno reso
impossibile la lettura delle sezioni; la presenza dell'acqua di
falda, nonostante l'impianto di drenaggio a well-point, ha reso
difficile, in taluni casi, un buon livello di affidabilit
stratigrafica.
I sondaggi effettuati in prossimità delle mura urbiche, fra
viale Santi Baldini e via Circonvallazione Piazza d'Armi (zona
A), hanno permesso l'indagine della struttura difensiva sino alle
fondazioni, individuate a partire dalla quota di - m. 1.862
s.l.m. e realizzate in grossi blocchi di calcare posti in opera a
secco, sopra cui poggia uno strato di blocchi legati con calce e
quattro corsi di sesquipedali frammentari; la struttura muraria,
databile ad epoca tardoantica, è stata edificata sulla duna
sabbiosa che delimitava la linea di costa antica. L'alzato delle
mura, costruito in sesquipedali frammentari, si restringe
rispetto alla fondazione di m. 0,25 per parte ed è conservato,
in questo punto, per m. 6 in altezza; durante lo smontaggio di
una porzione della struttura, per consentire il passaggio del
condotto fognario, si è constatato che la mura ha una larghezza
di m. 2,72 in alzato e di m. 3,40 in fondazione. Le
caratteristiche costruttive si differenziano, in questo caso, da
quelle riscontrate in settori della cinta muraria attigui e
rinvenuti durante lo scavo di precedenti allacciamenti fognari
(cfr. Capellini 1987, pp. 111-112).
In un tratto di m. 40 circa, a S del n. 35 di viale S. Baldini
(zona B) ed alla quota di m. 1,258 s.l.m., è stato individuato
un edificio con fasi abitative comprese fra il XVII-XVIII secolo:
tali strutture erano ancora visibili nella pianta della città
eseguita da R. Francia nel XVIII secolo.
Nel tratto compreso tra l'incrocio di viale S. Baldini e viale G.
Pallavicini con via G. Alberoni, in prossimità del n. 35 (zona
C), è stata rinvenuta una struttura muraria con andamento E-O
(USM 100), alla quota compresa tra - m.1.602 s.l.m. e - m. 1.712
s.l.m.; il muro, in sesquipedali frammentari legati da calce di
colore grigio, presenta due lesene sul lato settentrionale ed è
rimasto 'in situ'.
Alla profondità di - m.1.392 s.l.m. è stata accertata la
presenza di una ulteriore muratura orientata N-S e localizzata a
partire dall'incrocio di via G. Alberoni con viale G. Pallavicini
(zona D): la struttura USM 101, conservata 'in situ', è
stata realizzata con piccoli blocchi in pietra e ciottoli di
dimensioni medio-grandi legati da calce rosata molto compatta; la
notevole quantità di tessere musive in marmo bianco e nero,
rinvenute in prossimità della struttura, fa presupporre
l'esistenza di una pavimentazione a mosaico con estensione verso
E. In fase con USM 101 stava un muro con andamento N-S (USM 103),
rinvenuto alla profondità di - m. 1.192 s.l.m., che aveva
intaccato, verso E, un'imponente muratura con larghezza di m.
1.80 orientata E-O (USM 104) e conservata in fondazione per m.
0.70 (zona E). Le strutture murarie descritte (USM 101, 103 e
104) erano coperte da uno strato di demolizione con calce gialla
e numerosi tubi fittili del tipo comunemente utilizzato a Ravenna
negli edifici con copertura a volta di età bizantina.
Lo strato di sabbia relativo alla duna era tagliato da quattro
canali, due dei quali di dimensioni rilevanti (zona F): il primo,
si estendeva per una larghezza di m. 33 circa ed aveva un
riempimento a matrice limosa con pali in legno posti in
verticale; il secondo seguiva dapprima un andamento N-S poi, in
prossimità di via G. Carducci, curvava repentinamente in
direzione O.
Verso la stazione ferroviaria lo scavo ha individuato un'area di
necropoli con sepolture inizialmente isolate poste in
corrispondenza di uno strato di sabbia, relativo alle dune,
affiorante alla quota di - m. 1.720 s.l.m. La maggior parte delle
sepolture erano concentrate in corrispondenza dei nn. 21 e 22 di
Piazzale L.C. Farini in direzione N e N-O, nelle vicinanze di
un'area sepolcrale rinvenuta durante lavori edili nel 1963
(Farfaneti 1993, pp. 217-249). Complessivamente sono state
individuate ventisette sepolture ad inumazione, di cui quattro in
anfora, una in cassa di mattoni, due in struttura a cassone e
venti in fossa terragna; le tombe erano orientate in modo
piuttosto arbitrario ed erano prive di corredi funerarie; molte
si presentavano parzialmente sconvolte.
L'esistenza di un muretto che delimitava la necropoli e di
modeste strutture in laterizi, relative probabilmente a piccoli
monumenti funerari, lasciano presupporre una buona organizzazione
delle aree sepolcrali, con strutture di recinzione e percorsi
pedonali determinati.
Lo scavo è stato effettuato da "La Fenice A.R.", sotto
la direzione di Maria Grazia Maioli.
Bibliografia
Capellini 1987 = D. Capellini, Considerazioni intorno al problema della cinta muraria di Ravenna tardoantica, in Felix Ravenna 133-134, 1987, pp. 81-120
Farfaneti 1993 = B. Farfaneti, Nuove evidenze per la topografia di Ravenna antica. I materiali della necropoli di San Giovanni Evangelista, in Studi e Documenti di Archeologia 8, 1993, pp. 217-249
Cristina Leoni, Giovanna Montevecchi
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4.8. Classe, via Marabina, podere Chiavichetta.
L'esplorazione di un nuovo settore del
quartiere commerciale relativo al porto di epoca tardoantica e
bizantina di Classe (fig. 1) (Maioli 1991, pp. 223-247, Maioli
1983, pp. 65-78), è stata compiuta in due campagne di scavo
successive, effettuate nel 1995 e nel 1996, che comunque non
hanno esaurito le problematiche stratigrafiche emerse. Lo scavo
ha interessato una zona a N-O dell'edificio 1 compresa fra il
porto-canale e la strada attuale di servizio all'area
archeologica; inizialmente si è provveduto all'asportazione,
prima con mezzo meccanico e poi manualmente, degli strati
argillosi di natura alluvionale che coprivano le fasi di
abbandono relative ai livelli insediativi. L'esplorazione ha
evidenziato, nell'area immediatamente adiacente all'edificio 1,
uno spazio aperto in leggera pendenza verso il canale portuale
(fig. 2): si tratta presumibilmente di un'area di servizio
pavimentata con livelli di piccoli ciottoli e frammenti laterizi
minuti (US 2007), limitata a S-O da un ambiente di modeste
dimensioni non ancora indagato; a ridosso del muretto che
costituisce il lato orientale dell'ambiente, vi era una tettoia
sostenuta da pali di legno alternati su due file, di cui
rimangono le imposte nel terreno; all'esterno delle buche di
palo, con andamento E-O, è visibile una solcatura poco profonda,
probabilmente originata dallo scorrimento dell'acqua piovana che
sgrondava dalla tettoia.
L'area esterna si estende in direzione N e N-O in prossimità di
un edificio rettangolare, con planimetria non ancora
completamente individuata, prospiciente, sul lato NE, il canale
portuale e, su quello O, la strada basolata che in questo punto
non è visibile. L'eliminazione dei riempimenti relativi ai tagli
di asportazione dei muri, in uno dei quali è stato rinvenuto un
solido d'oro di Maurizio Tiberio (585 - 602 d.C.), ha evidenziato
strutture murarie in massima parte conservate a livello di
fondazione. L'edificio presenta due zone chiaramente
diversificate (fig. 2): l'ambiente sul canale ha strutture
perimetrali costruite in laterizi di varie pezzature e blocchi
lapidei di dimensioni consistenti legati con calce molto tenace;
l'ambiente antistante la strada, probabilmente un porticato, ha
un probabile accesso sul lato S a ridosso di un pilastro angolare
(USM 2087) collegato, tramite una fondazione in sesquipedali
frammentari, ad un altro basamento costituito da un blocco in
marmo rosso di Verona reimpiegato, che fungeva probabilmente da
imposta per pilastro; all'interno sono state rinvenute lenti
sabbiose piuttosto uniformi, forse di preparazione ad un battuto
pavimentale non più esistente. Un muro, con fondazione in
laterizi di piccola pezzatura (USM 2052), va in appoggio ai
perimetrali dell'ambiente sul canale, separandolo dall'area
porticata.
La zona orientale dell'edificio, conservava una stratigrafia
complessa con livelli di carbone alternati a concotto e ad
argilla pertinenti alle fasi d'uso dell'area; in alcuni di questi
strati, in prossimità di un capitello marmoreo strutturalmente
reimpiegato, sono state individuate numerose monete di epoca
bizantina emesse nel corso del VI sec. d.C. A ridosso del muro
prospiciente il canale, sono conservati numerosi pali lignei
infissi nell'argilla con presunta funzione di attracco o di
sostegno ad una banchina portuale.
La costruzione dell'edificio esaminato aveva intaccato alcune
strutture di epoca precedente fra cui un muro in sesquipedali
frammentari (USM 2118), con probabile funzione di contenimento ed
in parte collassato verso il canale che è stato in parte
asportato da una grande buca con direzione NE-SO, non ancora
scavare.
Nella fondazione di un pilastro angolare (USM 2133), intaccato
dalla realizzazione del perimetrale N dell'edificio tardoantico,
è stata rinvenuta, in posizione verticale, una statua marmorea
di dimensioni maggiori del vero (altezza m. 1,90) riproducente
una figura femminile panneggiata mancante della testa; la
scultura, con il supporto di base frammentato, era collocata
sopra pali di legno, del diametro di cm. 10 circa, infissi
nell'argilla ed individuati sia sotto la fondazione muraria della
struttura USM 2133 sia all'interno del suo taglio di posa;
l'utilizzo di palificate con funzione di bonifica dei terreni
paludosi è diffusa in tutto il territorio ravennate.
La statua è attualmente collocata negli ambienti del Museo
Nazionale di Ravenna per interventi conservativi.
Lo scavo è stato effettuato da "La Fenice A.R." sotto
la direzione di M. G. Maioli.
Bibliografia
Maioli 1991 = M.G. Maioli, Strutture economico-commerciali e impianti produttivi nella Ravenna bizantina, in Storia di Ravenna. Dall'età bizantina all'età ottoniana., II 1, 1991, Venezia, pp. 223-247
Maioli 1983 = M.G. Maioli, Classe, podere Chiavichetta, zona portuale, in Ravenna e il porto di Classe, catalogo della mostra, Ravenna 1983, pp. 65-78
Giovanna Montevecchi
4.9. Classe, podere Chiavichetta
Nellestate 1996 ha avuto inizio a Classe
a Ravenna nellarea del porto bizantino uno scavo
archeologico coordinato dal sottoscritto e diretto dalla dott.ssa
Maria Grazia Maioli della Soprintendenza Archeologica di Bologna
nel dettato di una convenzione appositamente stilata tra il
Ministero dei Beni Culturali e lUniversità di Ferrara.
Liniziativa si inserisce in una serie di altri interventi
di proficua collaborazione che la nostra Facoltà ha già
prestato più o meno nella stessa area in anni precedenti: nel
settembre 1990, la partecipazione allo scavo ed al recupero della
necropoli del sottopassaggio di Via Poggi (costituita
prevalentemente da tombe "povere" tarde e da monumenti
più antichi in un sepolcreto frequentato dal II al IV secolo
d.C., dove furono poi installate strutture idrauliche di epoca
bizantina; da quel sepolcreto è in corso di stampa su
"Spina e il Delta padano" (Atti Convegno Ferrara 1994)
liscrizione funeraria greca del commerciante T.Iulios
Nikostratos da Rodi); nel settembre 1991, i rilievi
piezoelettrici effettuati per la migliore individuazione di
alcune strutture sepolte sia del porto bizantino sia delle
basiliche paleocristiane del quartiere paleocristiano (cfr. F.
Rebecchi in "Studi e Documenti di Archeologia", VIII
1993, pp.212-216).
Lattività di ricerca, cui hanno partecipato sia allievi
della Scuola di Specializzazione in Archeologia di Firenze sia
studenti della Facoltà di Lettere di Ferrara, aveva lo scopo di
mettere in luce ledificio a nel settore ovest della
strada bizantina che fiancheggia i magazzini di un antico
porto-canale situato a nord del sobborgo di Classe di Ravenna. Di
questo porto-canale parla Procopio di Cesarea (di Palestina),
quando nella sua Guerra Gotica (I,1) menziona la
necessità da parte dei marinai di introdurre le loro merci
allinterno di Ravenna solo sfruttando il movimento delle
maree. Le cautele imposte da una lettura stratigrafica ancora
tutta preliminare e dalla ristrettezza del tempo (ultima
settimana dagosto e prima settimana di settembre, nella
quale il clima è stato particolarmente inclemente) non hanno
permesso di completare il rilievo del materiale di riporto che
copriva ledificio porticato a fianco della strada e del
canale, sicuramente a carattere commerciale e probabilmente
collocato nei pressi di officine industriali, probabilmente
vetrarie. Questo rilevamento sarà completato nella campagna del
1997. Tra i primi nuclei di macerie sono peraltro già emersi
numerosi e significativi materiali che collimano con il genere di
vita e di attività commerciale che si svolgeva nei pressi del
porto-canale e dei magazzini dove si scaricavano le merci che
dovevano poi essere trasferite in città.
Ai livelli superiori dello strato sono infatti apparsi tra
residui carboniosi mescolati ad una certa quantità di legumi
abbandonati in una sacco di tela un basolo scalzato dalla vicina
strada bizantina e molti frammenti di pietra ollare con
riconoscibilissime forme di pentole, che nellalto medioevo
erano regolarmente tratte da questo materiale povero e resistente
al fuoco. Tra i materiali di abbandono sono stati recuperati
inoltre alcune monete bizantine, un piccolo "bronzo"
dellepoca di Augusto, un frammento di tegola bollata col
timbro di una fabbrica di proprietà del fisco imperiale (la
fabbrica Pansiana dellimperatore Claudio), una
grande quantità di anfore e di ceramica di origine africana,
altra ceramica sicuramente prodotta a Ravenna, ed infine numerosi
frammenti di piccoli bicchieri di vetro, dotati o meno di calice.
Le piccole pentole di pietra ollare ritrovate in associazione con
i frammenti di piedi di bicchieri, con pareti di piccoli calici e
con scarti di lavorazione del vetro sembrano indiziarie la
presenza di una fabbrica vetraria (di cui le pentole in ollare
potrebbero essere i crogioli, come sembra di poter riconoscere in
altri casi suggeritimi dal dott. Sergio Nepoti che ringrazio).
Nel dettaglio, dopo lo sbancamento con mezzi meccanici di uno
strato di terra sterile e non uniforme, sicuramente da imputare
allo scarico in questo sito dei primi scassi effettuati in anni
passati per raggiungere il livello della strada adiacente e del
porto, lindagine si è arrestata ai livelli superiori
delledificio mercantile, che supponiamo connesso con
lattività vetraria sopra menzionata. Tra le macerie
disordinate e i materiali di riporto sono stati recuperati, oltre
alla moneta di bronzo presumibilmente augustea e al bollo
frammentario di laterizio della fornace Pansiana
dellepoca dellimperatore Claudio, cui si è già
accennato, anche un vago dambra di notevoli dimensioni
(anello?) e qualche frammento lapideo con tracce di lavorazione.
Ancora ai livelli superiori sono apparsi, al centro
delledificio, presso il nucleo di macerie, che è stato
chiaramente evidenziato, sia il basolo isolato scalzato dalla
strada bizantina dopo la fine della vita del porto sia i residui
carboniosi mescolati ad una certa quantità di legumi
(probabilmente ceci), di cui forse costituivano il contenitore in
fibra vegetale (un sacco di tela?).
Il sacco di legumi appariva abbandonato presso langolo
sudorientale della strada, di fronte al portico con pilastri,
come traccia di una frequentazione precaria che deve collocarsi
in epoca posteriore alla fine della più intensa attività
commerciale dellinsediamento portuale di Classe. A questo
livello tardo si attribuiscono anche i molti frammenti di pietra
ollare, in cui erano riconoscibilissime soprattutto le pareti ed
i fondi delle pentole. Tra i materiali di abbandono giacevano
confusi la moneta bizantina (forse un follis di Giustino
I?), un frammento di lucerna africana, una grande quantità di
frammenti di anfore africane e di imitazione, così come di
numerosi frammenti di ceramica sigillata chiara di origine
africana (sigillata chiara D, un solo frammento di sigillata
chiara A), e altra ceramica coeva del tipo della sigillata
nord-italica, molto probabilmente prodotta a Ravenna.
Innumerevoli, come si è detto, erano i frammenti di bicchieri di
vetro.
Lo scavo è stato impostato dai dott. Gian Luca Grassigli e
Valentina Manzelli, che, assieme alla dott.ssa Barbara Farfaneti,
vi hanno partecipato anche con funzioni di coordinamento e
didattica per gli studenti. E prevista per i mesi di
luglio-agosto 1997 una ulteriore indagine sullo stesso sito allo
scopo di completare lo studio della documentazione dei materiali
usciti della campagna 1996 e per procedere allesame delle
strutture già messe in luce.
Fernando Rebecchi
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4.10. Ravenna, loc. Palazzolo, tra via S. Alberto e via Romea nord
La Soprintendenza Archeologica, nell'ambito
della campagna di manutenzione 1996, ha ripreso i lavori in
località Palazzolo, 8 Km a nord di Ravenna, nell'area del
palazzetto di Teodorico già oggetto di campagne di scavo negli
anni 1971-72 ( BERMOND MONTANARI 1972; EAD. 1983, pp. 17-21);
l'esistenza dell'impianto, costruito in occasione dell'assedio di
Ravenna e successivamente trasformato in villa, era conosciuta
dalle fonti, particolarmente dal Liber Pontificalis di Andrea
Agnello: l'edificio fu a suo tempo identificato mediante sondaggi
e messo in luce parzialmente; esso presentava pianta quadrata con
ambienti allineati ai lati ed ampia corte centrale secondo lo
schema delle ville fortificate tardoantiche; vi era annesso un
impianto termale con calidarium e ampio tepidarium a pianta
ottagonale allungata, ben conservati, su cui erano localizzabili
i muri della chiesetta di S.Maria di Palazzolo, altomedioevale e
distrutta nel '500.
I lavori di manutenzione, dopo molti anni di abbandono della
zona, hanno comportato la ripulitura integrale delle strutture
già messe in luce nella zona ovest dell'edificio, completamente
invase da un canneto, nonché l'asportazione di parti di terreno
rimaste fra gli spazi scavati; il lavoro ha riservato alcune
sorprese; l'ambiente infatti, considerato a suo tempo come un
presumibile corridoio di collegamento, con tutta probabilità è
da interpretarsi come un locale aperto almeno in parte sulla
laguna che fiancheggiava l'edificio, con un monumentale fronte
pilastrato verso l'esterno, due coppie di pilastri anche
internamente ed un probabile ninfeo, formato da una vasca
semicircolare inserita fra i muri principali e fronteggiante
anch'essa verso l'esterno; il complesso si rivela così molto
più lussuoso del previsto, una vera e propria villa di piacere
fra la laguna e l'antica spiaggia marina; la continuazione delle
campagne di scavo permetterà una migliore lettura ed
interpretazione di tutte le strutture e la messa in fruibilità
dell'intero complesso, ora chiuso al pubblico.
I lavori sono stati svolti dalla ditta C.M.C., Cooperativa
Muratori e Cementisti, di Ravenna, con la collaborazione de La
Fenice Archeologia e Restauro di Bologna, sotto la direzione
della scrivente.
Bibliografia
BERMOND MONTANARI 1972: G.BERMOND MONTANARI, S.Maria di Palazzolo ( Ravenna), in Acta Archeologica , XXII, Lubiana 1972.
BERMOND MONTANARI 1983: G.BERMOND MONTANARI, La zona archeologica di Palazzolo, in CARB XXX, 1983, pp. 17-21.
Maria Grazia Maioli
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4.11. Faenza, ex palazzo Grecchi
Tra la fine del 1994 ed i primi mesi del 199.5
sono state compiute alcune opere di scavo nelle aree cortilizie
interne dell'ex Palazzo Grecchi, situato in Corso Mazzini 69, nel
centro storico di Faenza.
L'area oggetto dei lavori di escavazione era parzialmente
occupata da cantine del XVII-XVIII secolo che avevano
completamente asportato gli strati antropizzati ed erano situate
soprattutto nella estrema zona N e N-O prospiciente via Borsieri
3. La parte con stratificazione conservata, estesa su una
superficie di mq. 180 e indagata archeologicamente dapprima nel
settore N ed in se uito in quello S, ha evidenziato una complessa
situazione pluristratificata (v. scheda Periodo romano) che, per
quanto di attinenza all'età tardoantica, è distinguibile in due
periodi di tempo indicate come Periodo 3, relativo al III-IV sec.
d.C. e Periodo 4 databile al V-VI sec. d.C., all'interno dei
quali è stato possibile distinguere due fasi.
Periodo 3. E' ascrivibile alla prima fase del periodo
l'edificazione di un forno individuato nella zona N e ricavato
nell'area scoperta a ridosso dei muri di chiusura
delledificio orientale di prima età imperiale (v. scheda
Età romana); la struttura, con andamento NE-SW, era delimitata
da due pareti in argilla cruda e in parte intaccate dalle
successive asportazioni murarie e dallo scavo di un pozzo
recente. Il riempimento interno, con numerose lenti di carbone,
cenere e concotto, databile, sulla base dei materiali ceramici
rinvenuti, al III sec. d.C., non ha restituito scorie o materiali
indicativi di una qualche attività artigianale, per cui è
ipotizzabile che il forno venisse utilizzato in ambito domestico;
anche all'esterno vi erano punti di cottura e livelli di carbone
distribuiti su tutta larea cortilizia. A questo momento si
può datare anche la risistemazione pavimentale dellopus
signinum con decorazione a meandri e pertinente all'edificio
orientale (vedi scheda Età romana).
Alla seconda fase del Periodo sono pertinenti gli strati di
demolizione del forno, complessivamente inquadrabili tra la fine
del III e il IV sec. d.C., caratterizzati prevalentemente da limi
argillosi con macerie di piccola pezzatura in cui è stata
rinvenuta anche una fibula a croce latina; si rapportano a questi
interventi anche alcuni livelli individuati nel settore
meridionale coevi alla demolizione e ristrutturazione degli
edifici di prima età imperiale.
Periodo 4. La nuova attività edilizia si incentra sulla
risistemazione del muro perimetrale relativo all'edificio
orientale (v. scheda Età romana); nella prima fase l'impianto
generale viene mantenuto effettuando solo alcune
ristrutturazioni: il muro, rasato a livello delle pavimentazioni,
che presumibilmente rimangono in parte funzionanti, viene invece
ricostruito nell'area cortilizia allargandone la fondazione; per
il nuovo assetto si fa uso di pezzame laterizio, tegole e
mattoni, e ciottoli legati con calce giallognola. L' intervento,
che intacca i livelli di III-IV sec. d.C., si può ricondurre,
come suggeriscono i frammenti ceramici rinvenuti nel riempimento
della fondazione, alla seconda metà del IV - prima metà del V
sec. d.C.. Una conferma cronologica in questo senso è data anche
dai materiali rinvenuti nei piani di crescita individuati sul
lato O del muro e pertinenti alledificio occidentale (vedi
scheda Età romana).
Nella seconda fase del periodo la struttura muraria perimetrale,
originariamente relativa all'edificio orientale, viene
parzialmente abbattuta e collegata ad un nuovo muro con direzione
E-O; le due strutture murarie delimitano cosi l'interno di una
modesta abitazione che si estendeva nel settore SE. La nuova
cesura modifica sostanzialmente la planimetria dell'antico
impianto abitativo: il muro con direzione E-O, che interrompe la
fascia esterna compresa fra i due edifici ed originariamente
interpretata come un ambitus, si imposta direttamente sui
precedenti pavimenti e sui muri della domus imperiale
(vedi scheda Età romana). Nel complesso di tali variazioni
areali si inserisce anche ledificazione di una muratura,
con direzione E-O, che delimita la zona settentrionale dell'area
collegandosi al perimetrale delledificio orientale
precedentemente ristrutturato e, ancora in uso; questa struttura,
lesenata su lato S, aveva un paramento esterno in laterizi e
linterno in ciottoli e calce poggianti su di una fondazione
in mattoni posti di coltello su un allettamento di pietre e
pezzame caotico. Il muro delimitava, sul lato meridionale,
un'area esterna con limo argilloso marrone probabilmente di
riporto, databile, sulla base del materiale ceramico rinvenuto,
al VI sec. d.C. Complessivamente la nuova sistemazione si
sovrapponeva ad alcune spoliazioni di strutture fognarie,
individuate nel settore S, ed al riempimento di una grande area
di forma rettangolare attinente ad una struttura completamente
asportata e individuata nel settore N (v. scheda Età romana).
Nel settore meridionale si è scavata una tomba ad inumazione
isolata e senza corredo, la cui deposizione ha tagliato le fasi
di abbandono degli interventi tardoantichi. In una fase
successiva, genericamente inquadrabile in epoca medievale, si
realizza una grossa struttura muraria in ciottoli e spungone
rinvenuta in fondazione e con direzione N-S, poggiante su un
pavimento relativo all'edificio occidentale di epoca imperiale ed
in parte sul riempimento di una buca circolare relativa ad una
struttura spoliata in epoca tardoantica. Gli interventi recenti
effettuati nell'area ne determinano l'uso cortilizio: vennero
scavati pozzi per acqua, silos e piccoli ambienti, probabilmente
di servizio, realizzati con tecnica povera.
Gli scavi, finalizzati alla costruzione di garages interrati,
sono stati effettuati dalla ditta Rava Giovanni per conto della
società "Aurora s.r.l" di Faenza, proprietaria
dell'immobile in ristrutturazione. L'intervento archeologico,
diretto da C. Guarnieri è stato condotto da "La Fenice
A.R.." di Bologna.
Giovanna Montevecchi
4.12. Forlimpopoli, via Zampeschi
Nell'estate 1995 è stato eseguito uno
sbancamento per l'edificazione di un edificio privato a
Forlimpopoli fra Vicolo Morto n.1 e via Zampeschi, nella
proprietà di Aedilia s.a.s.. Le operazioni di scavo, non
controllate archeologicamente, hanno interessato un'area di forma
rettangolare delle dimensioni di m. 16 in lunghezza e m. 8 in
larghezza ed hanno raggiunto una profondità di m. 3,5,
asportando gran parte dei livelli insediativi. L'indagine,
effettuata in seguito ad una segnalazione privata, è stata
limitata ad un rilievo stratigrafico delle sezioni perimetrali e
del fondo scavo, condizionata, in termini di tempo, dai problemi
di staticità degli edifici prospicienti le pareti dello scavo.
Nella zona E dell'area scavata sono state identificate alcune
strutture murarie in fondazione (USM 3, 11, 17, 19) pertinenti ad
un edificio presumibilmente di epoca tardoantica; le fondazioni
presentavano le medesime caratteristiche tecniche: avevano una
larghezza di m. 1,20 ed erano costruite contro terra con una
cortina esterna realizzata con pezzame laterizio di medie
dimensioni e l'interno riempito con un conglomerato di ciottoli
fluviali e frammenti laterizi piccoli legati con calce molto
tenace. Le USM 3 e 19, fra loro parallele e con orientamento
SE-NO, si legavano ad USM 17 orientata SO-NE; la presenza di
pavimenti in cocciopesto (US 53 e US 5), individuati solo nella
parete S dello scavo, è da ricondurre ipoteticamente
all'esistenza di due ambienti: US 53 era delimitato dalle
strutture murarie USM 19 e USM 17, mentre US 5 era probabilmente
compreso fra USM 19, USM 17, USM 3 e un' altra struttura
completamente spoliata sul lato S-E. USM 11, individuata nella
parete E dello scavo, era stata intaccata a N da un canale di
epoca medievale.
Nell'area centrale dello scavo è stata identificata una
struttura muraria (USM 24) con orientamento SO-NE, parallela ad
USM 17; la fondazione di USM 24, con tecnica edilizia simile a
quella delle altre strutture individuate, presentava, sul lato
SE, due rientranze per l'alloggiamento di pilastri o colonne; la
mancanza di un'indagine stratigrafica rende difficile la
comprensione del rapporto intercorso fra le due strutture
murarie.
USM 24 delimitava, ad occidente, un'area probabilmente
cortilizia, con buche circolari pertinenti a pali lignei di
sostegno ad una tettoia; nella medesima zona esterna, a ridosso
della parete O dello scavo, rimaneva un lacerto di cocciopesto
(US 28) forse attinente ad un elemento strutturale esterno.
Nella sezione della parete O è stata esaminata la stratigrafia
relativa ai piani stradali di epoca medievale e moderno,
sottostante a quella attuale.
Lo scavo è stato eseguito da "La Fenice A.R." di
Bologna, sotto la direzione di Maria Grazia Maioli.
Giovanna Montevecchi, Massimiliano Pompili
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Il progetto di edificazione di una zona
artigianale in area di proprietà comunale, in località Liverani
di Sotto, a NO di Modigliana, prevedeva lo sbancamento di un'area
pedecollinare di circa mq. 5000; l'indagine stratigrafica, che ha
rilevato la presenza di un'area sepolcrale di epoca tardoantica,
è stata effettuata quando le operazioni di scavo avevano
parzialmente intaccato lo strato antropizzato.
L'intervento archeologico si è sviluppato in tre settori
differenti indicati con le lettere A, B e C.
La necropoli, localizzata nel settore B, è stata in parte
intaccata dal mezzo meccanico che ha provocato una lacuna fra due
aree di sepolture. Le ventitré tombe individuate, tutte di
inumati, avevano un orientamento in senso NE-SO; nel complesso
sei sepolture erano riferibili a bambini o adolescenti, una tomba
era matrimoniale ed una, forse di carattere familiare, conteneva
sepolture multiple.
La maggior parte delle deposizioni erano contenute in fossa
terragna, alcune delle quali con copertura in lastre irregolari
di arenaria (T.1, T.5, T.6, T.8) un materiale facilmente
reperibile in zona; una sola tomba fu totalmente realizzata in
lastre di arenaria (T. 2) (fig. 2) che sono state conservate e
numerate a fini espositivi. Scarso l'uso di laterizi: una sola
tomba a cassone (T. 17) era costruita in sesquipedali interi e
frammentari, altre avevano alcuni laterizi utilizzati come
elementi strutturali; tre tombe conservavano tracce della cassa
lignea (T. 12, T.20, T.22). Il piano di deposizione delle
sepolture era ad una quota variabile e seguiva le curve di
livello della collina; è ipotizzabile che le zone di necropoli
individuate, con andamento a fascia in direzione E-O, venissero
servite da una serie di percorsi pedonali interni all'area
funeraria.
Nella zona centrale del settore A é stata scavata una buca molto
allungata (lunghezza m. 20 circa) riempita da limo argilloso,
pezzame laterizio e assi di legno carbonizzato; sul fondo vi era
uno strato di ciottoli e blocchi in arenaria. Si è rinvenuta, ad
Est della buca precedente, una fossa con corrodoio centrale
orientato NE-SO, (lunghezza m 5.70, larghezza di m 0.80), in
pendenza da N-E verso S-O; la buca mostrava un allargamento di
forma quadrangolare verso Nord, con pareti a scivolo confluenti
verso il corridoio; nel riempimento, oltre a limo argilloso con
frammenti laterizi, vi erano numerosi legni carbonizzati misti a
cenere, presenti soprattutto nella parte inferiore del
riempimento; la mancanza di terreno rubefatto sulle pareti e sul
fondo sembra escludere che si tratti di una fornace.
Nell'area C é stato individuato un pozzo con camicia realizzata
in ciottoli; nel riempimento, costituito prevalentemente da
argilla, si è rinvenuto un mattone sagomato ricurvo; la
struttura, collocata al di fuori dell'area di cantiere è
conservata 'in situ'.
I materiali.
Solo cinque delle ventitré tombe portate in
luce a Modigliana hanno restituito materiale archeologico, che è
stato oggetto di restauro da parte di Mauro Ricci e di Giuliano
Pierpaoli della Soprintendenza Archeologica dell'Emilia Romagna.
Quattro dei cinque corredi recuperati presentano pettini in osso
a doppia dentatura, fissata alla parte centrale del pettine
tramite chiodini in ferro. E' questa una tipologia ampiamente
diffusa, attestata sia in tombe maschili che femminili (Baldini
Lippolis 1997, pp. 144-146, con bibliografia precedente). Per due
sepolture (T.13 e T.23) il pettine risulta l'unico elemento che
costituisce il corredo; nella tomba 17 il pettine è associato ad
un boccale in ceramica depurata; nella tomba 11, lo si trova
insieme a frammenti in bronzo attribuibili ad orecchini (uno a
poliedro e l'altro probabilmente a cappio) e ad un bracciale in
ferro molto frammentato e corroso. Il corredo della tomba 18,
l'unico senza pettine, risulta costituito da due frammenti di
anelle in bronzo afferibili ad orecchini e da un coltello in
ferro con un lungo codolo al quale doveva essere fissata
un'impugnatura in materiale deperibile. Nel loro complesso i
corredi permettono un inquadramento cronologico delle sepolture
tra il VI e la metà del VII sec.d.C.
Lo scavo è stato eseguito da "La Fenice A.R." di
Bologna, sotto la direzione di Maria Grazia Maioli.
Bibliografia
Baldini Lippolis 1997 = I. Baldini Lippolis, Corredo della Tomba 4, in Tombe di età longobarda a S.Polo d'Enza (RE), loc. Pontenovo, in Archeologia dell'Emilia Romagna I/1, 1997, pp.144-151.
Cristina Leoni, Giovanna Montevecchi, Laura Pini
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4.14. Barisano, chiesa di S. Martino
Preliminari all'intervento di ristrutturazione
da compiersi all'interno della pieve di S. Martino in Barisano,
sono stati effettuati alcuni sondaggi stratigrafici nel 1993 e
nel 1994. Le indagini, finanziate dalla Soprintendenza ai Beni
Architettonici ed Ambientali di Ravenna, Ferrara e Forlì, erano
già state avviate nel 1989 con un sondaggio realizzato in
corrispondenza del lato meridionale dell'edificio religioso
(Gelichi 1990, p. 529).
L'asportazione della pavimentazione recente ha evidenziato, oltre
a quattro tombe in muratura con copertura a volta (T. 101, T.
102, T. 103, T. 104), la base di un elemento strutturale
probabilmente riferibile al campanile e tre arcate disposte a T
situate nella zona prospiciente la parete orientale della chiesa.
I sondaggi stratigrafici hanno interessato, in primo luogo,
l'area della cripta (saggio 2), i punti corrispondenti ai suoi
accessi (saggio 2A e 5) e una parte della navata adiacente alla
cripta (saggio 4); infine è stata indagata la zona O
dell'edificio in corrispondenza del campanile (saggio 3).
Nel sondaggio 2A, scavato a ridosso del muro meridionale, si è
rinvenuto il sottofondo del pavimento musivo relativo
all'impianto originale della chiesa databile al VI secolo d.C.;
il mosaico geometrico policromo, collocato alla quota di - m.
1,94 dal p. di c., è visibile in un saggio scavato negli anni
Sessanta, in adiacenza al muro N (saggio 6). Nel sondaggio 2A è
stato possibile riconoscere una parte del paramento originale
della chiesa fino alla risega di fondazione, larga m. 0,30 ed
individuata alla quota di - m. 2.40 dal p. di c.; dalla risega
partivano cinque corsi di mattoni rinvenuti sotto il livello
pavimentale, altri sei corsi sono stati invece individuati in
alzato, sopra il sottofondo in cocciopesto; il paramento
originale, di cui rimane, in questo punto, una modesta porzione,
è stato edificato con laterizi di reimpiego di spessore
uniforme. Il rinvenimento di una soglia inserita nella struttura
muraria, in fase con il pavimento e analoga a quella evidenziata
nel saggio del 1989, attesta la presenza di accessi laterali
caduti in disuso e tamponati, sui quali venne riedificato il muro
evidentemente pericolante.
Al pavimento originale si sono susseguiti alcuni livelli di
rialzamento a matrice argillosa, probabilmente pertinenti a
livelli di calpestio; sono evidenti, in tutti i sondaggi
esaminati ed alle medesime quote, i resti consistenti di un
incendio che ha evidentemente interessato tutto l'edificio.
La realizzazione di una cripta, localizzata nella zona absidale e
nell'area ad essa antistante, determinò l'asportazione di parte
del pavimento originale ed il rifacimento del muro absidale. Si
accedeva alla cripta tramite due scalette laterali realizzate in
sesquipedali e presumibilmente lastricate, come suggeriscono le
tracce di calce rinvenute sui mattoni; è probabile che le scale
avessero un serramento: sono evidenti, sul lato occidentale, le
impronte dei cardini. I gradini, partendo da una quota
pavimentale di poco superiore a quella del pavimento musivo
originale, introducevano ad un ambiente con soffitto sostenuto da
pilastri semplici e compositi addossati ai muri perimetrali e
poggianti su una risega della larghezza di circa venti
centimetri; le strutture murarie della cripta erano intonacate a
tinte monocrome tenui, come rivelano i numerosi frammenti di
intonaco rinvenuti negli strati di riempimento; del pavimento
originale rimangono solo tracce di cocciopesto su un sottofondo
argilloso. Nella parete O dell'ambiente erano state ricavate
alcune nicchie alternate a pilastri; le tre rientranze
individuate, una interamente e due solo in parte, avevano una
copertura a lunetta documentata dall'attacco di mattoni posti di
taglio; le nicchie si impostavano a circa cm. 50 dal livello
pavimentale ed avevano una profondità variabile fra cm. 38 e cm.
43. Sul lato orientale si apriva un'abside con larghezza
ipotetica di m. 4,75, la cui profondità non è stata
determinata; la muratura, vista solo sul lato Sud e parzialmente
conservata in alzato, era sostenuta da pilastri, anche in questo
caso impostati su una risega.
Nel saggio 4, all'esterno della cripta, sono stati individuati i
tagli per la deposizione di alcune sepolture ad inumazione di
bambini, numerose anche negli altri saggi scavati; il
rinvenimento di deposizioni in fossa e di alcune tombe in
muratura, attestano un abitudine prolungata a seppellire i morti
all'interno dell'edificio religioso.
Il vano riferibile ipoteticamente al campanile, situato
all'interno della chiesa e collocato nell'angolo O-NO
dell'edificio, è delimitato da muro perimetrale con sei corsi di
mattoni in alzato ed una fondazione individuata, nel saggio 3,
sino alla quota di - m. 1,50 dal p.di c.; rimangono l'ingresso,
situato sul lato N della struttura e, all'interno, la base della
scala campanaria.
Lo scavo, finanziato dalla Soprintendenza ai Beni Ambientali e
Architettonici di Ravenna, è stato eseguito da "La Fenice
A.R." di Bologna, sotto la direzione di Maria Grazia Maioli.
Bibliografia
Gelichi 1990 = S. Gelichi, Schede 1989, in Archeologia Medievale, 17, 1990, p. 529.
Cristina Leoni, Giovanna Montevecchi