LE SONATE DI FRANCESCO MANCINI (1672-1737)
Sei Sonate dai “XII Solos for a Violin or Flute” (London, 1724 ca.)
nell'ambito della Festa Europea della Musica 2008
Home - Mostre e appuntamenti - Archivio mostre - Ferrara, il 21 giugno 2008

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La Festa della Musica, uno degli appuntamenti annuali più importanti di cultura e spettacolo in Europa, si celebra il 21 giugno, giorno del solstizio d’estate. Con lo slogan “MusicArte”, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali aderisce alla Festa, posto che la musica è un linguaggio universale che può veicolare messaggi e contenuti di altissimo significato e superare barriere culturali, politiche ed economiche ed è quindi anche occasione di socialità.
Il Museo Archeologico Nazionale di Ferrara ospita quest'anno un evento di assoluta eccellenza: un concerto di sei sonate di Francesco Mancini, eseguito da Daniele Salvatore, Dante Bernardi e Silvia Rambaldi, alcuni degli artisti provenienti da diversi ambiti della musica antica e della danza che compongono "Armonia delle sfere".
Francesco Mancini era nato a Napoli il 16 gennaio del 1672. Provetto organista, non si allontanò mai dalla sua città se non per occasionali viaggi a Roma. Dal 1720 fu anche direttore del Conservatorio di S. Maria di Loreto, sempre a Napoli, finché nel 1735, colpito da apoplessia, non ebbe più la possibilità di mantenere i numerosi incarichi. Morì a Napoli il 22 novembre del 1737.
Tipico rappresentante della tradizione partenopea, Francesco Mancini è anche un esempio dello stretto legame che doveva esistere tra il mondo culturale e musicale ‘italiano’ e quello londinese: in Inghilterra si affermò con l’opera Idaspe Fedele, rappresentata all'Haymarket Theatre di Londra il 23 marzo 1710, che con l’anonima Almahide, rappresentata nel gennaio dello stesso anno, fu tra le prime che siano state cantate a Londra interamente in italiano.
Proprio a Londra, presso J. Barrett & W. Smith, videro la luce i XII SOLOS for a VIOLIN or FLUTE, stampati senza data ma probabilmente pubblicati nel 1724. Come si legge nella dedica, queste sonate (solos) furono «composte per gli Amatori dell'Harmonia» e dedicate al console generale inglese per il Regno di Napoli John Fleetwood, probabilmente egli stesso esecutore di flauto dolce, visto che anche Robert Valentine, nel 1710, gli aveva dedicato una raccolta di sonate per lo stesso strumento.
Le sonate sono tutte in quattro movimenti; perlopiù alternano la tipica struttura ‘lento-veloce-lento-veloce’, anche se non mancano esempi diversi, come le sonate IV e VII che iniziano con uno spiritoso fugato che sfocia in un largo senza soluzione di continuità.

Sabato 21 giugno 2008, alle ore 18.30

al Museo Archeologico Nazionale di Ferrara

in Via XX settembre, 122

Il Cortile d'Onore del Palazzo di Ludovico il Moro, sede del Museo Archeologico, dove si svolgono tre dei 12 concerti

ARMONIA DELLE SFERE

Daniele Salvatore: flauto dolce contralto e flauto di voce

Dante Bernardi: fagotto barocco

Silvia Rambaldi: clavicembalo

eseguono

Le sonate di Francesco Mancini (1672-1737)

Sei Sonate dai “XII Solos for a Violin or Flute” (London, 1724 ca.)

sonata II Andante – Allegro (fuga) – Largo – Allegro
sonata III Largo Affettuoso (fugato) – Allegro (fuga) – Largo – Allegro (per clavicembalo solo)
sonata VII Spiritoso/Largo (fugato) – Allegro (fuga) – Largo – Allegro
sonata XI Un Poco Andante (fugato) – Allegro (fuga) – Largo – Allegro
due toccate di studio per cembalo
sonata IV Spiritoso/Largo (fugato) – Allegro (fuga) – Largo – Allegro Spiccato

INGRESSO GRATUITO

Si ringrazia Fondazione Carife per l'incomparabile sostegno all'iniziativa

Daniele Salvatore è diplomato in Flauto Traverso, Composizione, Direzione di Coro e Flauto Dolce.
Ha vinto premi sia come compositore sia come esecutore di flauto dolce e ha inciso diversi CD tra cui, in prima assoluta, la Partitura del primo libro de canzoni francese a 4 & alcune Suonate, di N. Corradini (Tactus), e Gnich Gnach e altri balli strumentali italiani del Seicento di anonimo del Seicento (VideoRadio).
Si è esibito in concerto in Italia, Irlanda, Egitto, Polonia e Belgio e ha avuto esecuzioni e registrazioni radiofoniche e televisive di proprie composizioni in Italia, Australia, Uruguay, Cile, Argentina, Brasile, Colombia, Messico, Spagna, Belgio, Germania, Lussemburgo, Libano, San Marino, Russia, Turchia, Grecia e Polonia.
Diversi suoi brani sono stati incisi su CD tra i quali Shamrock e Passacaglia della carne e dello spirito ad opera del Quartetto Chitarristico Italiano e Helin, incisa dal saxofonista Mario Marzi con Paolo Zannini al pianoforte, e con la voce recitante di Arnoldo Foà.
Ha pubblicato varie composizioni in Italia (Pizzicato, Edipan, Gruppo Editoriale Eridania, Carrara) e in Belgio (Alain van Kerchoven) mentre per ‘Ut Orpheus’ ha dato alle stampe l’opera didattica per flauto traverso: Scale e arpeggi per flauto traverso e per il ‘Gruppo Editoriale Eridania’ L’Arte opportuna al sonar di flauto, revisione con commento critico dell’Opera Intitulata Fontegara di Silvestro Ganassi.
Da alcuni anni alterna l’attività di compositore/concertista con quella di ricercatore e musicologo. Frutti di questa dedizione sono le pubblicazioni della Partitura del primo libro de canzoni francese a 4 & alcune Suonate e dei Ricercari, entrambe opera di Nicolò Corradini e la raccolta Musica di Giovanni Cavaccio per l’editore ‘Ut Orpheus’.
Ricopre l’incarico come docente di ruolo di Flauto dolce e Contrappunto storico presso il Conservatorio di Bologna. Ha tenuto corsi di perfezionamento presso l’associazione “Liviabella” di Macerata.

Dante Bernardi si è diplomato in Fagotto al Conservatorio “G. B. Martini” di Bologna.
Dopo aver fatto parte di orchestre italiane e straniere si è dedicato in particolare allo studio e all’esecuzione di strumenti antichi: bombarde, dulciane, cornamuse, fagotto barocco ecc. e popolari: ciaramella, zampogna ecc.
Membro di svariati gruppi, tra cui Charivari Ensemble, Quoniam, e la Bande des Hautbois du Roi con la quale ha registrato due cds per la Nuova Era, ha sostenuto diverse centinaia di concerti in Italia e all’estero in luoghi prestigiosi quali, tra gli altri, Milano a S. Maurizio, Roma al Palazzo Farnese e al Giardino Botanico, “Ravenna Festival”, “Festival Cusiano”, “Bologna Festival”, “Festival Van Vlaanderen” in Belgio, concerti in Svizzera, Utrecht, Parigi, Londra, Berlino, India ecc. incidendo per varie case discografiche: Tactus, Foné e Nuova Era.
Ha insegnato presso i Conservatori di Reggio Calabria, Fermo, Vibo Valentia, Adria, Venezia e all’Istituto Musicale Pareggiato di Modena tenendo corsi di perfezionamento presso l’associazione “Liviabella” di Macerata. Attualmente è docente di ruolo per la cattedra di Musica d’insieme per strumenti a fiato presso il Conservatorio di Darfo Boario Terme, Sezione staccata del Conservatorio “L. Marenzio” di Brescia.

Silvia Rambaldi è docente di clavicembalo, clavicordo, basso continuo e prassi esecutiva barocca presso il Conservatorio di Musica “G.B. Martini” di Bologna, dove si è diplomata col massimo dei voti e la lode con Annaberta Conti. Ha studiato basso continuo con Jesper Christensen. Ha tenuto corsi perfezionamento e seminari presso l’Università degli Studi di Ferrara, i Conservatori di Pesaro, di Benevento e di Ferrara e per Enti, e Associazioni.
Svolge attività concertistica come solista e con varie formazioni cameristiche ed orchestrali, partecipando ad importanti rassegne musicali in Italia e all’estero (Turchia, Spagna, Svezia, Giappone).
Ha effettuato registrazioni per la RAI, la NHK giapponese ed altre emittenti ed è membro di giurie di concorso nazionali ed internazionali.
Per Tactus ha registrato: Variationi e partite di Bernardo Pasquini, Libro di fra Gioseffo da Ravenna (Premi della Critica Discografica Tedesca 1999/1 e 2002/2) e Le sonate per il clavicembalo di Antonio Ferradini; Madrigali diminuiti e passaggiati tra voce e cembalo e L’armonia della Sirene, cantate amorose di G. B. Bassani con il controtenore Tadashi Miroku. In duo con Andreina Di Girolamo Sonate per clavicembalo a quattro mani di W. A. Mozart.
Ha curato l’edizione moderna del manoscritto musicale seicentesco Libro di fra Gioseffo da Ravenna per le edizioni dell’Associazione Clavicembalistica Bolognese.
Svolge attività musicologica e di progettazione artistica per l’Associazione Culturale Bal’danza di Ferrara.

Francesco Mancini nacque il 16 gennaio del 1672 a Napoli, città dalla quale non si allontanò mai se non per occasionali viaggi a Roma. Nel 1688 entrò nel Conservatorio napoletano della Pietà dei Turchini a Napoli, dove studiò sotto la guida di Francesco Provenzale e Gennaro Ursino servendo come organista. Negli anni tra il 1704 e il 1706 fu organista della cappella reale, diretta per qualche tempo nel 1708, lasciando infine il posto ad Alessandro Scarlatti ma ricoprendo quello di vice maestro con diritto alla successione, avvenuta nel 1725. Dal 1720 fu anche direttore del Conservatorio di S. Maria di Loreto, sempre a Napoli. Nel 1735 fu colpito da apoplessia e non ebbe più la possibilità di mantenere effettivamente gli incarichi. Morì a Napoli il 22 novembre del 1737.
Tipico rappresentante della tradizione partenopea, Mancini fu attivo in Italia in particolare come compositore di opere e di oratori (sono noti quasi quaranta titoli e per quanto ne sappiamo, la prima composizione di Mancini fu l’opera pastorale Il nodo sciolto e ligato dall’affetto, composta per Roma nel 1695. Egli godette in vita di profondissima stima collaborando tra l’altro all’Artaserse di Lotti e all'Agrippina di Händel (opere entrambe del 1713).
Mancini è anche un esempio dello stretto legame che doveva esistere tra il mondo culturale e musicale ‘italiano’ e quello londinese: in Inghilterra si affermò con l’opera Idaspe Fedele, rappresentata all'Haymarket Theatre di Londra il 23 marzo 1710, che con l’anonima Almahide, rappresentata nel gennaio dello stesso anno, fu tra le prime che siano state cantate a Londra interamente in italiano.
Mentre il contributo di Mancini per l’opera e la musica sacra è considerevole e la diffusione delle sue musiche in varie biblioteche europee ne riflette la popolarità, non altrettanto si può dire per la musica strumentale, di cui conosciamo pochissimi lavori, alcuni dei quali, come le due toccate per clavicembalo, venuti alla luce probabilmente con propositi didattici.
Tra questi lavori, e proprio a Londra, presso J. Barrett & W. Smith, videro la luce i XII SOLOS for a VIOLIN or FLUTE stampati senza data, anche se probabilmente furono pubblicati nel 1724.
Come si legge nella dedica, queste sonate (solos) furono «composte per gli Amatori dell'Harmonia» e dedicate al console generale inglese per il Regno di Napoli John Fleetwood, probabilmente egli stesso esecutore di flauto dolce, visto che anche Robert Valentine, nel 1710, gli aveva dedicato una raccolta di sonate per lo stesso strumento (Sonate di Flauto a Solo col Basso per il Cimbalo, o Violone dedicate all'lll.mo Sig.r il Sig.r Giovanni Fleetwood Console Britannico in Napoli da Roberto Valentine Inglese Opera Terza. Roma, Mascardi, 1710), il quale «si compiacque […] già in Napoli d’approvare i […] Componimenti». Tuttavia la tecnica di composizione e l’elevato tasso tecnico richiesto per una buona esecuzione inducono a due considerazioni: la prima è che queste sonate non dovevano essere indirizzate a dei dilettanti quanto piuttosto ad un pubblico di esecutori provetti; la seconda è che con ogni probabilità lo stesso console inglese doveva rientrare in questa categoria.
L'intestazione del XII SOLOS, oltre alla doppia destinazione strumentale solistica suggerisce una ulteriore possibilità esecutiva. Infatti, nelle prime due edizioni, in fondo all’intestazione si legge che i soli sono lessons adatte anche per il clavicembalo («Which Solos are Proper Lessons for the Harpsicord»), che sta a significare che queste sonate si possono eseguire anche come brani per clavicembalo solo, suonando contemporaneamente la linea del canto e quella del basso, con l’aggiunta eventuale di note d’armonia, secondo le necessità dettate dalla numerica del basso continuo.
Le sonate vennero riedite altre due volte, e ciò dimostra che l’opera del napoletano ottenne un sicuro e positivo risultato nei confronti degli acquirenti, cosa che Mancini si era vivamente augurato quando aveva chiesto al console di degnarsi «di proteggerle ancora in Londra; ove in pubblicandole, altra gloria più vivamente non bramo, che quella di farmi conoscere».
La seconda edizione delle sonate uscì probabilmente tre anni dopo presso J. Walsh & J. Hare, ancora a Londra e sempre con la dedica al console generale inglese, ma con l’aggiunta di una annotazione: «carefully Revis'd and Corected By Mr: Geminiani» che, come nota giustamente il curatore del facsimile per la SPES Giuliano Forlanetto, non sarebbe stata altro che un’abile mossa pubblicitaria degli editori, non essendovi alcuna differenza dall’edizione precedente, essendo palese anzi il riutilizzo delle stesse lastre.
La terza edizione dei XII SOLOS, anch’essa identica alle altre, anche per la mancanza di data di pubblicazione, perse però la dedica al console Fleetwood, e, come già accennato, modificò la destinazione strumentale venendo ora rivolta solamente agli esecutori del flauto dolce (“with a THOROUGHBASS for the HARPSICORD or BASS VIOLIN”) e non più anche ai violinisti o ai cembalisti.

Le sonate della raccolta sono tutte in quattro movimenti eccetto la V (in cinque movimenti); perlopiù alternano la tipica struttura ‘lento-veloce-lento-veloce’, anche se non mancano esempi diversi come le sonate IV, VII e XII che iniziano con un allegro o spiritoso fugato che sfocia in un largo senza soluzione di continuità (in tutti questi casi gli altri tre movimenti mantengono sempre la struttura tipica), o la V, che inizia con un allegro che è quasi una sorta di preludio che rimane sospeso sulla dominante, per proseguire con quattro tempi caratterizzati ancora dall’alternanza ‘lento-veloce-lento-veloce’.
La peculiarità dello stile di queste sonate va visto nella ricca armonia che sostiene la parte solistica, nella cantabilità spiccata, di ascendenza belcantistica, che contraddistingue in particolare il primo movimento (ma anche il secondo tempo lento), nelle frequenti sospensioni dell’armonia (tramite cadenze sospese o altri artifici) che permettono all’esecutore di improvvisare brevi cadenze libere, nella maggior semplicità che contrassegna l’allegro di chiusura, in alcuni casi con andamento ternario da “tarantella”, rispetto all’allegro del secondo movimento, che invece è sempre un allegro in forma di fuga.
Infine è da considerare che il primo movimento è quello che tradisce una sensibilità più moderna essendo anche quello che presenta la maggiore varietà di indicazioni agogiche (addirittura 8 diverse se consideriamo anche la varietà a due movimenti accoppiati: Amoroso, Andante, Largo Affettuoso, Spiritoso/Largo, Allegro, Largo, Un Poco Andante, Allegro/Largo – più una sonata che inizia senza indicazioni ma che è presumibilmente un largo). A fare da contraltare, il secondo movimento che, come si è già rilevato, è sempre in forma di fuga -in alcuni casi doppia-, ciò che lo avvicina maggiormente alla tradizione.
Un’ultima osservazione riguarda l’ambito che caratterizza la scrittura di queste sonate che è quello tipico della produzione per flauto dolce del primo Settecento italiano, infatti nelle sonate di Mancini la parte cantante non sale mai oltre al re acuto. Questa osservazione porta a due riflessioni: questa limitata estensione (un’ottava e una sesta, dall’epoca rinascimentale l’estensione ‘normale’ del flauto dolce) le fa apparire come effettivamente dedicate in primo luogo al flauto dolce, piuttosto che al violino, che effettivamente scompare dal frontespizio nella terza edizione; il fatto di non avventurarsi mai sul fa acuto le rende facilmente eseguibili anche col flauto traverso barocco (che ha proprio nel fa acuto la sua nota critica) senza bisogno di trasporle in altra tonalità, e questo fatto le poteva rendere ‘utili’ anche a quest’altra categoria di esecutori che, a differenza di quello che sembrano essere i numeri della diffusione del traversiere in Italia all’inizio del Settecento, negli stessi anni in terra inglese pare fosse già piuttosto numerosa.

Promosso da:

Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, Museo Archeologico Nazionale di Ferrara, con il sostegno di Fondazione Carife

Quando: sabato 21 giugno 2008, alle ore 18,30
Città: Ferrara
Luogo: Palazzo di Ludovico il Moro, sede del Museo Archeologico Nazionale
Indirizzo: Via XX Settembre n. 122
Provincia: Ferrara
Regione: Emilia-Romagna
Info: tel. 0532 66299
 

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pagina a cura di Carla Conti