Il Museo Civico Archeologico e Paleoambientale di Budrio espone i reperti
archeologici emersi all'interno delle maglie della centuriazione romana nella
pianura orientale bolognese, risalenti al Paleolitico (in particolare da tre
siti di villaggi ad economia prevalentemente agricolo-pastorale del XIII secolo
a.C.), all'età del Ferro (dalla necropoli e dall'insediamento villanoviano di
Castenaso), ed infine al periodo romano. Relativi a quest’ultimo periodo sono
visibili soprattutto frammenti di ceramica da cucina e da mensa nelle diverse
tipologie e forme e di grandi contenitori per la conservazione di cereali, olio,
vino. Alcuni plastici ricostruiscono un’abitazione del IV secolo d.C. e il
territorio circostante Budrio, illustrando così il rapporto di interazione
creatosi tra uomo e ambiente attraverso gli insediamenti e le attività
economiche, tra Paleolitico e Alto Medioevo.
La mostra che si inaugura sabato 10 maggio è in realtà il pretesto per
presentare due sezioni che, dall'anno prossimo, entreranno a far parte
dell'esposizione permanente: la sezione dedicata ad "Archeologia urbana a Budrio:
dentro e fuori le mura" e quella sui "Materiali d'età medievale e moderna".
L'intera giornata è in effetti dedicata a presentare gli scavi e i sondaggi
archeologici condotti nell'area urbana budriese negli ultimi anni: alle 9.30,
nell'Auditorium di Via Saffi, ci sarà un incontro divulgativo e di studio, cui
seguirà, alle 12, l'inaugurazione della mostra al Museo in Via Mentana. Qui i
relatori accompagneranno i visitatori alla scoperta delle nuove vetrine del
museo, illustrando anche gli aspetti relativi al recupero e al restauro dei
materiali (vedi a fondo pagina il programma della giornata)
Budrio, via Partengo, area dell’ex San Gaetano. Uno spaccato di storia del
suburbio dall’età romana ai giorni nostri
La storia della zona dell’ex ospedale di San Gaetano è lunga e ricca di
trasformazioni; la più nota carta del castello di Budrio, disegnata dal
Torreggiani nel 1720, ce ne descrive compiutamente la posizione periferica
rispetto al castello, al di là delle fosse che in questo periodo appaiono già
colmate.
L’intervento di recupero conservativo sull’edificio dell’ospedale, effettuato a
partire dal 2004, ha offerto la possibilità di ripercorrere a ritroso nel tempo
le vicende che si sono succedute in quest’area. La Soprintendenza per i Beni
Archeologici dell’Emilia-Romagna ha indagato il cortile interno dello stabile
dove era prevista la realizzazione di un vasto ambiente interrato.
In età romana l’uomo ha cominciato ad utilizzare questo spazio; per quanto privo
di strutture o edifici, esso era già sicuramente inserito all’interno di
quell’ampio sistema di sfruttamento agricolo del territorio, la centuriazione,
che connota in maniera intensa la storia di tutto il Budriese durante l’età
romana.
Come già noto per questa parte del Bolognese, dopo la caduta dell’Impero Romano
d’Occidente il piano di campagna venne interamente ricoperto da depositi
alluvionali; solo in piena età medievale, fra XIV e XVI secolo, l’area
ricominciò ad essere utilizzata. In questo momento, il castello di Budrio
esisteva già e, rispetto ad esso, la futura zona di San Gaetano si trovava
all’esterno delle mura; un ampio spazio aperto, che veniva utilizzato per
smaltire i rifiuti del vicino abitato: vasellame rotto, resti di pasto, residui
della pulizia dei focolari domestici, laterizi ormai inutilizzabili.
Foto del laboratorio artigianale per la produzione della ceramica graffita in
corso di scavo (fine del XVI secolo). Si notano le leggere fondazioni
dell’edificio, realizzate con frammenti di coppi e mattoni, ed i pilastri che
sostenevano il tetto; sulla destra, la fornace, della quale si è conservata la
camera dove si manteneva acceso il fuoco. La camera di cottura del vasellame,
che costituiva il piano superiore della struttura, è andata completamente
distrutta
Negli ultimissimi anni del XVI secolo, nella zona furono costruite le prime strutture stabili; un vasaio che produceva vasellame decorato con motivi graffiti, si stabilì all’interno di un edificio di piccole dimensioni, probabilmente provvisto anche di tettoie, ma soprattutto dotato di una fornace per la cottura del materiale e di un pozzo che garantiva la riserva di acqua. Le decorazioni di questo tipo di vasellame, la c.d. “ceramica graffita”, di cui Ferrara è stato uno dei principali centri di produzione, prevedevano motivi geometrici ma anche figurati (animali, stemmi, elementi vegetali) e la superficie dei contenitori veniva rivestita con un ingobbio bianco ed una vetrina trasparente, grazie alla quale spiccavano le dipinture in colori brillanti. Lo scavo ha restituito numerosi frammenti di oggetti scartati dal ceramista e, insieme, diversi distanziatori a tre piedi, usati per impedire che i vasi si attaccassero l’uno all’altro.
L’edificio realizzato agli inizi del Seicento aveva murature perimetrali
alleggerite dall’inserimento di archi di scarico in fondazione; la completa
asportazione dei pavimenti in cotto, avvenuta nel corso dell’Ottocento, permette
di riconoscere il sistema fognario, costituito da canalette in mattoni con
andamento obliquo rispetto a quello delle stanze
Dopo pochissimo tempo (primissimi anni del XVII secolo), la bottega del vasaio venne sostituita da un edificio in muratura, il primo in questa zona ad essere adibito ad uso abitativo; i suoi ambienti erano pavimentati in cotto e, verso ovest, affacciavano su un cortile dove si trovavano due pozzi. La lunga storia di questo edificio si collega a quella dello stabile ancora esistente; la carta di Torreggiani consente di riconoscervi il Conservatorio di Zitelle Orfane dette dell’Opera Bianchi, cioè un istituto religioso che ospitava donne orfane e non sposate.
Budrio, lo scavo di via Mentana. Edilizia storica urbana
Prospetto est della cosiddetta ‘Casina del Quattrocento’
L’area cortiliva attualmente esistente sul retro della cosiddetta “Casina del
Quattrocento”, prima di essere un’area aperta era uno spazio densamente
edificato. Nel maggio 2002 una breve campagna di scavo accertò la presenza di
una serie di strutture di età moderna attigue ad un cortile molto più stretto di
quello attuale.
Resti di muri in mattoni, pavimentazioni in cotto e pavimentazioni in semplice
terra battuta formavano un insieme di vani attigui alle case poste sul fronte
stradale di via Mentana, all’angolo con via Garibaldi. Si trattava probabilmente
di ambienti di servizio relativi ad abitazioni più estese, i quali furono
edificati tra XVI e XVII secolo e rimasero in uso fino al XIX secolo.
Il focolare addossato ad una delle pareti del vano D
Inoltre, sotto queste strutture, sono state intraviste cospicue tracce appartenenti ad edifici più antichi. La loro disposizione lascia intuire assetti topografici parzialmente differenti dal tessuto edilizio attuale, con la presenza di un vicolo o di un androne presumibilmente di origine tardo medievale. La stessa cronologia deve essere ipotizza anche per la prima fase d’uso del muro in alzato che ancora oggi è possibile vedere sul prospetto interno, lato est, del cortile: connotato dalla caratteristica presenza di nervature lignee portanti, rispecchia tecniche costruttive tipiche della città medievale.
Analisi architettonica ed esplorazioni archeologiche eseguite nel
“torrione” angolare di sud-est della cinta muraria medievale del castello di
Budrio. Il torrione di sud est
L’aspetto architettonico dell’angolo sud est del castello di Budrio è
caratterizzato da un torrione a base circolare, quasi completamente sporgente
sulla convergenza dei rettifili della cinta muraria difensiva, aperto verso
l’interno con la terminazione di brevi ali rettilinee convergenti.
Il tamburo di base ha un diametro di m. 6,80 circa (m. 5,65), l’altezza di (m.
3) ed è a scarpa con l’inclinazione di 12° circa rispetto alla verticale della
struttura superiore. Mostra un paramento murario di mattoni legati con calce
compatta di colore grigio chiaro, disposti quasi esclusivamente di testa e sul
letto di posa inclinati per realizzare la muratura a scarpa.
Sui mattoni della struttura, salvo quelli della scarpa, si osservano esigui
lacerti di un sottile intonaco dipinto: bianco con cornici rosse nella parte
esterna, a fasce bianche verdi nella parte interna dei merli.
La discreta potenza difensiva del torrione è sottolineata da tre grandi feritoie
strombate verso l’interno, svasate e collocate a circa m. (1,5) dal piano
interno di mattoni. Il sondaggio archeologico ha permesso l’individuazione di
una quarta con le medesime caratteristiche, collocata a m. 1,15 sotto il piano
interno di mattoni. Osservando sia il paramento esterno e sia l’andamento
anomalo della curvatura interna del torrione, è probabile che alla medesima
quota ci siano altre due feritoie ora tamponate e occultate dalla
pavimentazione.
La disposizioni e la sovrapposizione di queste due serie di bocche da fuoco
permetteva di coprire per 270° con una discreta gittata l’orizzonte esterno: in
modo radente dal filo meridionale a quello orientale delle rispettive mura di
cinta. La copertura totale dell’intera cinta era assicurata non solo dalle torri
angolari e dalle rocchette di rinfianco alle due porte, ma pure dai torrioni
rompitratta. Questi, che avevano le medesime caratteristiche costruttive di
quelli angolari ed erano ubicati ad una distanza mediana dagli angoli del
castello, permettevano con la copertura a ventaglio di 180° di completare la
difesa di un intero lato della cinta. Il ventaglio di copertura di 270°, sempre
con gittata in lontananza anche se più leggero, avveniva anche dalla sommità
della torre dietro i merli in postazioni di tiro alternate, ossia dalla
sagomatura centrale delle cuspidi e attraverso le feritoie dei fusti. Le
feritoie infatti si trovano in modo alternato al centro dei fusti: sottili e
verticali verso la parte esterna, mentre in quella interna sono strombate e
nella parte superiore mancante del mattone per garantire la copertura fin quasi
sotto la torre. Il sistema difensivo era completato con le caditoie tra i
beccatelli per il tiro piombante attorno alla base della torre. In pieno assetto
difensivo, calcolando tutti gli elementi descritti, si può stimare che
occorressero da 15 a più di 20 uomini tra soldati e aiutanti. Una strategica e
potente struttura militare verso l’esterno e, per via dell’apertura verso
l’interno, inutilizzabile da parte dell’attaccante in caso di conquista.
In affiancamento alle indagini fin qui riportate è stato eseguito un sondaggio
archeologico nella parte mancante della pavimentazione del torrione. Tale
mancanza del pavimento è da attribuire alla presenza di una struttura a scala
lignea interna al manufatto, della quale si conservano le buche di palo e tracce
del rinfascio. Il sondaggio ha permesso di osservare che l’apprestamento
difensivo della parte meridionale dell’abitato era caratterizzato da un
terrapieno sormontato probabilmente da strutture lignee. L’analisi stratigrafica
e la datazione dei reperti rinvenuti indicano per tale realizzazione la fine del
XIV secolo, mentre per quanto riguarda quella relativa alla realizzazione del
torrione in muratura l’arco cronologico si attesta tra la metà del XV secolo e
l’inizio del XVI secolo.
Immagine dell’inizio del XX secolo. Il torrione angolare di sud-est visto
dall’esterno
Le fonti archivistiche
Già dall’analisi sulle diverse caratteristiche tipologiche tra le torri
angolari del lato ovest e quelle del lato est, oltre al diverso orientamento e
assetto urbanistico degli isolati e dell’impianto stradale, si evince che il
castello di Budrio fu sottoposto ad ampliamento nella parte orientale.
In un recente lavoro la storica medievista dottoressa Marinella Zanarini
fornisce una serie di nuove notizie d’archivio che riguardano tali fasi di
addizione e che di seguito riportiamo in sintesi.
Il 21 febbraio 1379 Bernabò Guidozagni ottenne l’incarico di sovrastante al
cantiere per i lavori al castello di Budrio e iniziò a ricevere i primi
finanziamenti da investire nell’opera (ASBo, Comune, Governo, Riformazioni e
provvigioni cartacee, reg. 41, c. 33r e Comune, Uffici economici e finanziari
del Comune, Tesoreria e controllatore di tesoreria, reg. 15, c. 70r.
Come avvenne per la rocca di Cento, dovette avvalersi delle competenze tecniche
di Lorenzo di Bagnomarino che, insieme al maestro “Nycolao de abacho”, fu
appunto inviato a Budrio, dove restò un paio di giorni “ ad videndum ed
disegnandum ampliationem in qua debet fieri additio dicti castri” (ASBo, Comune,
Governo, Riformazioni e provvigioni cartacee, reg. 41, c. 39r).
L’intervento aveva lo scopo di aggiungere un’addizione al castello, che secondo
la descrizione fornita nel 1371 dal cardinale Anglic de Grimoard si presentava
come “un buon castello, forte, ben cinto da mura e molto ben abitato” e dotato “
di due porte forti e ben murate”.
A difesa del nuovo ricetto dovette essere allestito inizialmente un palancato
ricorrendo ai maestri di legname inviati dal comune di Bologna e utilizzando il
legname proveniente probabilmente dai boschi delle vicinanze (ASBo, Comune,
Governo, Riformazioni e provvigioni cartacee, reg. 41, c. 34r, 1379 febbraio 23:
per l’acquisto del legname dalle suore di S. Caterina di Quarto).
Il comune cittadino, come già aveva fatto nelle più antiche fondazioni, provvide
poi all’acquisto del terreno necessario per realizzare l’addizione al castello e
per questo mise a disposizione una cifra ragguardevole il 23 giugno del 1379
(Comune, Uffici economici e finanziari del Comune, Tesoreria e controllatore di
tesoreria, reg. 15, c. 135v.: “Franciscus de Talamatiis… syndicus” del comune di
Bologna ricevette lire 1113 soldi 12 e denari 11 per disposizione degli anziani
consoli al fine di acquistare alcuni terreni a nome del comune “pro burgo seu
recepito noviter fortificato iuxta castrum Butrii”), procedendo alle operazioni
relative alla compravendita di 3 tornature e 1/3 più 15 tavole nel settembre
1380 e aggiungendo successivamente l’acquisto di alcuni lotti di terreno
funzionali alle strutture difensive approntate.
Nonostante l’investimento fatto per garantire la sicurezza del luogo e dei suoi
abitanti, l’addizione non ottenne subito il successo sperato e per favorire il
popolamento le autorità comunali dovettero intervenire comandando l’abbattimento
delle case situate nel raggio di 150 pertiche dal castello e la loro
ricostruzione al suo interno, con la garanzia di poter usufruire di condizioni
agevolate per l’acquisto del terreno del recetto. Seguirono via via le vendite
dei vari terreni e casamenti, fatte dai funzionari comunali a diversi abitanti
del luogo, che consentirono di pagare almeno una parte delle spese sostenute per
l’ampliamento del castello (lire 170 per il legname acquistato “occasione
constructionis …recepti castri Butrii et ampliationis dicti castri” 1381 gennaio
15).
PROGRAMMA
Sabato 10 maggio 2008
ore 9.30 Auditorium, via Saffi n. 50
Saluto | Giulio Pierini, Assessore alla
Cultura Luigi Malnati, Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna |
Presentazione | Lorella Grossi, Direttore dei
Musei Civici Caterina Cornelio Funzionario di zona della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna |
Interventi | Il suburbio di Budrio: l’area
dell’ex San Gaetano Roberta Michelini Lo scavo Mauro Librenti Le ceramiche Maria Luisa Bisognin I documenti Edilizia storica urbana: via Mentana Claudio Negrelli Lo scavo La città murata Maurizio Molinari I Torrioni |
Ore 11.00 | Pausa Caffè |
Intervento del
Sindaco Carlo Castelli |
|
ore 12.00 | Museo
Archeologico e Paleoambientale, via Mentana n. 32 |
Inaugurazione
della mostra |
Promosso da: |
Comune di Budrio, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e Assessorato alla Cultura della Provincia di Bologna |
Inaugurazione: | sabato 10 maggio 2008 alle ore 12 |
Quando: | da sabato 10 maggio a domenica 28 dicembre 2008 |
Orari: | aperto solo la
domenica dalle 15.30 alle 18.30; la prima domenica di ogni mese anche dalle
10.30 alle 12.30 Aperture e visite guidate o didattiche su richiesta telefonando al n. 051.6928306 oppure 051.6928279 |
Biglietto: |
Ingresso gratuito |
Città: | Budrio |
Luogo: | Museo Archeologico e Paleoambientale |
Indirizzo: | Palazzo della Partecipanza, Via Mentana n. 32 |
Provincia: | Bologna |
Regione: | Emilia-Romagna |
Informazioni: | musei@comune.budrio.bo.it tel. 051.6928306 oppure 051.6928279 |
Pagina a cura di Carla Conti