Il Museo delle Mummie di Roccapelago
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Uffici stampa SAR-ERO, COMUNE DI PIEVEPELAGO e FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI MODENA
27 maggio 2015

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Pievepelago (MO). A pochi anni dall'eccezionale scoperta di una cripta cimiteriale sotto il pavimento della Chiesa della Conversione di San Paolo Apostolo, con centinaia di corpi, in parte mummificati, viene inaugurato il 6 giugno 2015 il Museo delle Mummie di Roccapelago

Un museo per le mummie di Roccapelago

Un museo unico nel suo genere che racconta la vita e la morte della comunità vissuta tra i monti di Pievepelago dal XVI al XVIII secolo

La cripta delle mummie annessa al museoChiesa della Conversione di San Paolo
Pievepelago (Modena), località Roccapelago

Ciò che colpisce di più è il dato clinico: spina bifida, lesioni articolari, patologie dell’anca, artrosi, scoliosi, perdita dei denti, infezioni, tumori.
La società del benessere fa i conti con diete miserrime e traumi pesanti, gravidanze letali e lavori massacranti.
Eccola qui, la vita dei membri di una comunità montana dal ‘500 al ‘700. Niente di inimmaginabile ma confrontarsi con questi tasselli di identità locale fa comunque impressione. Morivano spesso giovani e forse al cielo erano cari. Ma per essere più sicuri giungevano le mani in preghiera e mettevano tra le vesti un crocifisso, una medaglietta o un rosario, lasciapassare per una vita meno dura. Confidavano nel paradiso, dopo aver passato l’inferno, e se a quell’ultimo appuntamento si presentavano dignitosi, puliti e, per quanto possibile, eleganti, non era la terra ad accoglierli ma una fossa comune.

Centinaia di corpi
A poco più di quattro anni dal ritrovamento, viene inaugurato il 6 giugno 2015 il Museo delle Mummie di Roccapelago dedicato alla straordinaria scoperta di una cripta cimiteriale con decine di corpi mummificati sotto il pavimento della Chiesa della Conversione di San Paolo Apostolo a Pievepelago, sull'Appennino modenese.
Un museo unico nel suo genere, una capsula del tempo dove i corpi, gli abiti e gli effetti personali emersi dagli scavi puntano direttamente al cuore di chi li guarda, raccontando la vita di una comunità di umili vissuta tra questi monti dal XVI al XVIII secolo, la loro forza e i loro timori, il duro lavoro e i rari svaghi, il territorio e le sue risorse.
Il ritrovamento dei corpi di quasi quattrocento individui, in parte mummificati, con gli indumenti, i sudari, gli oggetti devozionali, i monili e altri elementi del decoro personale indossati in vita ha richiesto un progetto di studio integrato capace di valorizzare questo straordinario patrimonio storico, umano e culturale.
Si appartiene a un territorio non solo perché ci si abita ma perché se ne conoscono origini, trasformazioni, toponomastica, segni di storia e di memoria. Questa scoperta ha coinvolto antropologi, archeologi, esperti di tessuti e di religiosità popolare ma anche biologi, genetisti e patologi, tutti impegnati a ricostruire vita e vicende mediche e bioculturali di questa piccola comunità.
L’iniziativa intrapresa dalla Soprintendenza Archeologia dell’Emilia-Romagna è stata subito abbracciata da enti territoriali (Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, Assessorato al Turismo della Provincia di Modena, Comune di Pievepelago, Comunità Montana del Frignano, GAL Antico Frignano e Appennino Reggiano), Università (Bologna, Genova, Modena e Reggio Emilia, Parma, Pisa, Torino e University of Huddersfield – Inghilterra), Enti religiosi ( Ufficio Diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici, Parrocchia di Roccapelago), Musei (Musei Civici di Modena) e Associazioni (Accademia lo Scoltenna, Associazione Pro Rocca). Grazie all'impegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, che ha finanziato gli scavi, il restauro della cripta, le ricerche e l'allestimento, si è arrivati all’inaugurazione di un museo che rappresenta un unicum sia per le modalità di valorizzazione dei manufatti rinvenuti che per il trattamento dei corpi mummificati.

Un museo unico
I curatori Donato Labate, Vania Milani e Thessy Schoenholzer Nichols hanno cercato in ogni modo di ricreare l’emozione di questa scoperta, coinvolgendo il pubblico in un simbolico abbraccio a questi umili testimoni della storia locale.
Una dozzina di corpi mummificati sono stati deposti sulla nuda roccia nella cripta, nel rispetto della giacitura originaria e della sacralità dell’edificio religioso; con loro è stata ricomposta la sepoltura di una giovane donna, rinvenuta con i resti di tre corpicini sul grembo e attorniata da diversi bambini. È qui l’unicità del Museo delle Mummie di Roccapelago, nel non esporre, come altrove, le mummie in teche, quasi fossero reperti, ma nel deporle nel luogo dov’erano state sepolte e dove sono state ritrovate, visibile anche dal pavimento della chiesa grazie a una vetrata.
L’allestimento vero e proprio si dipana tra le tre sale dell'ex canonica dove sono esposti i manufatti associati alle mummie unitamente ad altri reperti restituiti dagli scavi.
La prima sala contiene gli oggetti che raccontano la storia della Rocca prima della sua trasformazione in chiesa: ceramiche, manufatti domestici, bombarde, intonaci dipinti.
Nella seconda sala hanno trovato posto i reperti devozionali (medaglie, rosari, crocefissi, immagini sacre e una rara lettera di rivelazione ) e gli elementi di decoro personale (anelli, collane, orecchini); qui sono esposti anche i resti antropologici (ossa, denti) che rivelano le malattie degli abitanti e i reperti d'interesse entomologico (larve e insetti), botanico e zoologico su cui si è concentrato lo studio interdisciplinare seguito alla scoperta della cripta.
La terza sala espone gli indumenti indossati dalle mummie, reperti di difficile conservazione come calze e camicie ma anche i sudari cuciti addosso ai defunti. È stato ricreato l’abbigliamento di un personaggio maschile (camicia e sudario) e sono esposti frammenti di una gonna e di calzoni, una marsina del ‘700 e due preziose cuffie in seta e velluto, un autentico lusso in confronto alla media dei tessuti recuperati. Va sottolineato che questa comunità agricolo-pastorale non solo sapeva filare, tessere, cucire, ricamare e fare merletti, ma era anche in grado di realizzare lacci e fettucce con tecniche oggi dimenticate come la tessitura a tavolette e l’intreccio a cappio. Autentici virtuosismi filtrano dai rattoppi e dai bottoni realizzati con il filo, mentre un cranio trapanato ci dice che qualcuno li ha curati e una lettera di rivelazione che, se anche non sapevano scrivere, sapevano però leggere.
L’allestimento del Museo delle Mummie di Roccapelago è stato pensato per emozionare. Data la natura di questa scoperta archeologica, si imponeva che i reperti esposti nelle sale, così come i corpi ricomposti nella cripta, costruissero un canale emotivo in grado di comunicare al visitatore un tempo e una vita diversi dai nostri.
I corpi rispettosamente ricollocati nella cripta trasmettono il pathos dei defunti, lasciando immaginare le cerimonie a loro dedicate dai congiunti; allo stesso modo l’esposizione dei reperti fa rivivere le pratiche devozionali rivelando al tempo stesso la quotidianità degli oggetti personali.

Viaggio nella commozione
La storia degli abitanti della comunità di Roccapelago trapela dalle pieghe dei vestiti, dagli infiniti rattoppi, dall’anatomia deformata di un corpo, dalla ripiegatura di un foglio di carta, dalle medagliette e crocifissi posti tra le vesti. Ma è anche rivelata dalla pietas che stilla dalle mani dei defunti, congiunte in preghiera o appoggiate sul ventre, o dalle beffarde posizioni della morte, fissate in un rigor mortis che ha impedito di ricomporre i corpi e vestirli secondo il canone cerimoniale. L’assenza di zecche e pidocchi ci dice che, nonostante la povertà, curavano l’igiene in modo esemplare; un dado da gioco ci fa pensare a qualche momento di non trascurabile serenità.
La scoperta di queste mummie ha indotto esperti delle più varie discipline a intrecciare i dati delle rispettive ricerche: gli antropologi hanno accertato lo stato di salute, l’età, il sesso e l’alimentazione di ogni corpo, gli entomologi hanno identificato la stagione di sepoltura e gli insetti funerari, i botanici hanno ricostruito l'ambiente circostante dalle offerte floreali che accompagnavano i defunti, i genetisti hanno indagato le caratteristiche genetiche e i rapporti di parentela (uno anche con l’attuale sindaco di Pievepelago). Questo approccio multidisciplinare ha coniugato i molteplici aspetti della ricerca scientifica con una specifica attenzione alla conservazione, alla valorizzazione culturale e alla comunicazione.
La scienza è per sua natura distaccata; eppure non c’è studioso o ricercatore, italiano o straniero, che abbia avuto a che fare con i resti umani o materiali di Roccapelago che non abbia ammesso di aver subito un impatto emotivo davvero singolare.
Una commozione immediata è venuta dagli abiti dei defunti, vero manifesto del livello di vita sociale e personale. Camicie, calze e sudari, a prima vista quasi uguali, rivelano individualità sorprendenti non solo tra capi maschili e femminili, ma anche nella lavorazione, nell’usura, nelle riparazioni o nei rattoppi di ogni buco e strappo.
Le donne abbellivano le camicie con merletti fatti mano, sempre diversi l’uno dall’altro; le camicie maschili invece erano fatte per durare, rinforzate sulle spalle e nello scollo, spesso chiuso da miniscoli, bellissimi bottoni sapientemente fatti a mano con il filo. Ogni capo, anche le calze, per povero che fosse aveva sempre un decoro che lo personalizzasse.
L’allestimento ha voluto rispettare tutti questi aspetti che parlano della vita semplice di queste persone, della loro forza e delle loro paure, della durezza dei lavori e dei rari momenti di svago, del territorio e delle risorse in esso presenti.
La visita al Museo delle Mummie di Roccapelago è un viaggio nella commozione, un invito a empatizzare con questi muti testimoni di una storia non troppo lontana diventati loro malgrado una ricca testimonianza che forse incuriosisce ma che certamente non finisce mai di stupire.

INFO Museo delle Mummie di Roccapelago
Chiesa della Conversione di San Paolo
Pievepelago (Modena), località Roccapelago

Orari di apertura: da ottobre a maggio, tutti i sabati dalle 15 alle 17
Mesi di giugno, luglio e settembre, sabato e domenica dalle 16 alle 19
Agosto, tutti i giorni dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19

Ingresso gratuito

Visite e orari sul sito www.museomummieroccapelago.com  (in "prenota la visita") oppure via mail museomummieroccapelago@gmail.com  o roccapelago@gmail.com 
Tel (Associazione Pro Rocca) 0536 71890 (Enzo Ferroni) - 334 3470940 (Rachele Merola)
In caso di mancata reperibilità chiamare il Comune di Pievepelago 0536 71322 (interno 14)


Il Museo delle Mummie di Roccapelago: una scoperta di successo
di Luigi Malnati, Soprintendente per l'Archeologia dell'Emilia-Romagna
La scoperta, in occasione dei lavori di restauro della chiesa parrocchiale di Roccapelgo, di una cripta cimiteriale di cui si era persa memoria, ha consentito di mettere in luce alcune centinaia di sepolture, ascrivibili al XVI-XVIII secolo, sessanta delle quali mummificate naturalmente. Lo scavo, sotto la direzione della Soprintendenza è stato condotto dall'archeologa Barbara Vernia, coadiuvata da due validissimi archeoantropologi, Vania Milani e Mirko Traversari, che grazie ai finanziamenti della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, hanno recuperato e documentato i resti scheletrici e i corpi mummificati insieme agli indumenti, ai sudari e ai tanti oggetti d’uso personale e quotidiano, che hanno accompagnato i defunti nell'ultimo viaggio.
Tali resti hanno permesso di ricostruire quasi tre secoli di vita di una piccola e povera comunità montana. La Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna insieme al Laboratorio di Antropologia di Ravenna - Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali (Università di Bologna) ha subito avviato un studio interdisciplinare che ha coinvolto numerosi studiosi e Università italiane e straniere: a distanza di pochi anni, grazie a queste singolari sinergie, è stato possibile chiarire alcuni aspetti dello stato di salute, dell'alimentazione e della speranza di vita quell’antica comunità, povera ma dignitosa, e giungere a comprendere, abitudini, credenze, tradizioni, usanze.
Un progetto che ha visto gli studiosi confrontarsi in occasione di tre convegni preceduti da altrettante mostre di successo. I risultati di tali ricerche sono oggi sintetizzate per il grande pubblico grazie all'allestimento di questo singolare Museo, dove è possibile vedere la cripta cimiteriale, con ricomposte diverse mummie con i propri indumenti e sudari nonché un gruppo di sepolture di infanti disposte attorno ad una giovane donna sul cui grembo sono stati rinvenuti i resti di tre neonati. Nei locali dell'ex canonica, nel Museo multidisciplinare sono i reperti ritrovati, gli oggetti devozionali e personali, i tessuti, i resti d'interesse antropologico, entomologico, botanico e zoologico, rinvenuti insieme alle mummie.
E' stato possibile portare a termine il progetto grazie all'adesione di enti territoriali (Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna, Assessorato al Turismo della Provincia di Modena, Comunità Montana del Frignano, Comune di Pievepelago), Università (Bologna, Genova, Modena e Reggio Emilia, Parma, Pisa, Torino e University of Huddersfield – Inghilterra), Enti religiosi ( Ufficio Diocesano per i Beni Culturali Ecclesiastici, Parrocchia di Roccapelago), Musei (Musei Civici di Modena), Associazioni (Accademia lo Scoltenna, Associazione Pro Rocca).
In particolare la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena con grande liberalità ha contribuito finanziando, mostre, convegni, parte della ricerca e fornendo le necessarie risorse per l'allestimento del Museo.
Fondamentale è stato inoltre il lavoro della Conservatrice del Museo, dott.ssa Vania Milani, e l’impegno spontaneo di Fausto Ferri che ha disegnato le vetrine, dei singoli studiosi, di volontari e restauratori e dei privati.
La Soprintendenza ha messo in campo i propri funzionari, in particolare Donato Labate che con il prof. Giorgio Gruppioni dell'Università di Bologna e la studiosa di tessuti Thessy Schoenholzer Nichols ha coordinato l'equipe di studio.
All’interno dell’impegno globale della Soprintendenza, va ricordata l'appassionata collaborazione con alta professionalità del settore restauro (Roberto Monaco coadiuvato da Ivan Zaccarelli), del settore dei rapporti con i media (Carla Conti), del settore documentazione (Roberto Macrì) e del settore grafico (Rossana Gabusi).
A ogni persona coinvolta va il ringraziamento dell’Ufficio e mio personale.

Le mummie di Roccapelago: il contributo delle ricerche bioantropologiche
Di Giorgio Gruppioni, Laboratori di Antropologia fisica e del DNA antico del Dipartimento di Beni Culturali dell'Università di Bologna - Campus di Ravenna
Il Museo delle Mummie di Roccapelago non è l’esposizione macabra di corpi umani risparmiati dal processo di decomposizione ma è la storia e la vita di una piccola comunità dell’Appennino modenese raccontata “direttamente” da chi quella storia e quella vita l’ha vissuta. Sono infatti le mummie stesse che, “interrogate” una ad una con gli strumenti della moderna ricerca scientifica che coniuga la multidisciplinarità con la più avanzata specializzazione, dettano le notizie per ricostruire le vicende della loro vita e della loro morte e insieme restituiscono uno spaccato della comunità di Roccapelago tra il XVI e il XVIII secolo.
Le analisi messe in campo hanno spaziato dalla determinazione del profilo biologico individuale mediante approccio diretto ed indagini paleoradiologiche (TAC), istologiche, istochimiche, chimico-fisiche, fino a sofisticate elaborazioni digitali 3D e ad analisi del DNA. Tutto ciò ha consentito di ricostruire, oltre che le caratteristiche fisiche individuali e la struttura demografica dell’antica popolazione di Roccapelago, le condizioni di vita, le malattie, le abitudini alimentari e le attività occupazionali che scandivano la vita della piccola comunità in questo lembo dell’Appennino modenese, e il DNA ne ha indagato le origini, i rapporti di continuità con la comunità attuale nonché le relazioni genetiche con le altre popolazioni del territorio tosco-emiliano.
Le mummie di Roccapelago raccontano di una vita dura, segnata da lavori pesanti che dovevano richiedere un forte impegno biomeccanico degli arti superiori e inferiori, con differenze apprezzabili fra i due sessi: prevalentemente attribuibili, negli uomini, al trasporto e alla movimentazione di carichi pesanti su terreni scoscesi e all’utilizzo di attrezzi che comportavano un impegno biomeccanico asimmetrico, come quelli impiegati per i lavori agricoli; nelle donne, al lavoro al telaio, alla raccolta nei campi, alla lavorazione di intreccio a cappio o alla necessità di sorreggere i neonati ancora in fasce durante i lavori domestici. La speranza di vita, tuttavia, per chi superava l’età adolescenziale (essendo la mortalità infantile molto alta), poteva oltrepassare i 50 anni di età e, non di rado, raggiungere anche età avanzate. Gli elementi chimici presenti in tracce nelle ossa e gli isotopi stabili restituiscono un regime alimentare di sussistenza, in gran parte dipendente dalle magre risorse della terra, che comportava non di rado manifestazioni patologiche dovute a malattie carenziali. Il DNA rivela che l’antica popolazione di Roccapelago è geneticamente riconducibile, probabilmente, ad un piccolo gruppo di soggetti fondatori della comunità e mostra maggiori affinità genetiche con le popolazioni toscane piuttosto che con quelle emiliane forse in relazione ai movimenti dei pastori che spostavano le greggi lungo le linee di transumanza, le quali collegavano Roccapelago con le zone di Lucca e Grosseto.
Le indagini fin qui condotte hanno già prodotto una ricca mole di dati ma altre ricerche, ancora in corso, promettono di aggiungere ulteriori e originali risultati. Tra queste, le analisi paleomicrobiologiche e paleovirologiche potranno completare il quadro delle malattie che colpivano gli abitanti di Roccapelago, come pure quello delle loro modalità di sussistenza e lo studio dei registri parrocchiali insieme all’analisi del DNA consentirà di ricollegare geneticamente la comunità del passato con quella attuale, con possibili ricadute d’interesse anche per la ricerca biomedica.

Il Museo di Roccapelago, una scoperta fondamentale e un valore aggiunto per la montagna modenese.
La parola a Corrado Ferroni, Sindaco di Pievepelago,  e ad Alessandro Tebaldi, Presidente del Consorzio Valli Del Cimone
Grande soddisfazione per Corrado Ferroni, Sindaco di Pievepelago.
“Nato nella frazione di Roccapelago in quel piccolo comune montano che è Pievepelago non avrei mai pensato che nella mia terra si celasse questo eccezionale ritrovamento archeologico: corpi inumati e mummificati naturalmente appartenenti alla mia comunità. Oggi, poi, a distanza di qualche tempo, emozione e orgoglio aumentano alla conferma delle analisi del DNA, dalle quali si è reso evidente un sicuro mio avo.
La preziosa storia di Roccapelago è stata valorizzata solo grazie alla stretta collaborazione tra i numerosi Enti ed Istituti quali la Soprintendenza per l’Archeologia dell’Emilia-Romagna, il Laboratorio di Antropologia di Ravenna, i Musei Civici di Modena, l’Associazione Pro Rocca, la Parrocchia, la Provincia di Modena, la Comunità Montana del Frignano (ora Unione dei Comuni del Frignano), la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, il Comune di Pievepelago e gli studiosi il cui lavoro apre vasti orizzonti per la cultura e la scienza. Tutti hanno fino ad adesso contribuito verso un unico obbiettivo: la nascita di questo Museo.
Nel tempo la cultura è sempre stata il tema dominante di questa terra, aspra e povera,ma alla quale tanti suoi figli hanno dato lustro. Ritorna e viene approfondita la storia degli umili, non quella dei grandi, non del condottiero Obizzo da Montegarullo, ma del suo popolo. Un approfondimento, dunque, una riscoperta di valori e tradizioni dei nostri progenitori, attraverso la cura verso i propri cari: la morte come parte della vita. Quasi un messaggio giunto attraverso i secoli da leggere adagio, come quando si sfoglia con delicatezza un vecchio libro ingiallito. Non so quante persone abbiano l’esatto sentore dell’importanza di questa scoperta; forse non siamo ancora pronti a comprendere perché in questo luogo apparentemente isolato si sia verificato un evento di così grande portata e per l’approfondimento del quale il cammino è stato appena intrapreso. Sono però convinto che questa scoperta non appartenga solo a Roccapelago e al Comune di Pievepelago, ma all’intero Frignano dove auspico che gli operatori turistici, le associazioni e i vari enti possano attribuirle il giusto valore”
Alessandro Tebaldi, Presidente del Consorzio di Promo Commercializzazione Valli Del Cimone, sottolinea quanto possa essere importante una struttura museale come quella di Roccapelago per lo sviluppo turistico della zona.
"Il Museo delle Mummie di Roccapelago rende ancora più attrattivo il nostro Appennino. E’ una tappa che va ad aggiungersi alle tante altre che ci sono e può essere un buon punto di interesse, visto l'importante ruolo storico-culturale di questa scoperta. Il Museo di Roccapelago riesce ancora di più ad unire la nostra vocazione storico-culturale alle bellezze naturalistiche e gastronomiche che può contare tutta la Valle del Pelago e, ovviamente, le Valli del Cimone”.


Inaugurazione sabato 6 giugno 2015, alle ore 10