Storie della prima Parma.
Etruschi, Galli, Romani: le origini della città alla luce delle nuove scoperte archeologiche
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Ufficio stampa StudioBegnini
27 novembre 2012

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
DIREZIONE GENERALE PER LE ANTICHITÀ
SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELL’EMILIA-ROMAGNA

FONDAZIONE CARIPARMA

con il contributo del COMUNE DI PARMA

Mostra

STORIE DELLA PRIMA PARMA
ETRUSCHI, GALLI, ROMANI: LE ORIGINI DELLA CITTÀ ALLA LUCE DELLE NUOVE SCOPERTE ARCHEOLOGICHE

12 gennaio – 2 giugno 2013

Parma, Museo Archeologico – Palazzo della Pilotta
Piazza della Pilotta, 5

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Il MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI, Direzione Generale per le Antichità e Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, con il fondamentale sostegno di FONDAZIONE CARIPARMA e con il contributo del COMUNE DI PARMA, promuovono l’iniziativa culturale “Storie della prima Parma”, consistente in un’esposizione presso il Museo Archeologico Nazionale di Parma – Palazzo della Pilotta, e in una serie di pubblicazioni ad essa collegate:
– Storie della prima Parma. Etruschi, Galli, Romani: le origini della città alla luce delle nuove scoperte archeologiche, Catalogo della mostra.
– Storie della prima Parma, Guida breve alla mostra.
– Parma etrusca, volume di studi miscellanei
I volumi sono pubblicati per i tipi della casa editrice «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, che è anche concessionario unico per la realizzazione dell’esposizione. Il catalogo è stato realizzato con il contributo della Associazione Nazionale Costruttori Edili di Parma.

Obiettivo primario dell’iniziativa, che coinvolge istituzioni pubbliche e private sia locali che a livello nazionale, unite nel comune intento di promuovere e diffondere la conoscenza dell’archeologia in ambito locale ed internazionale, è la presentazione di nuove scoperte di scavo avvenute in anni recenti nel territorio di Parma, scoperte che contribuiscono a ridisegnare il quadro storico finora noto per le fasi più antiche della città.
Per valorizzare nel senso più completo del termine tali ritrovamenti, si è scelto da un lato un consistente aggiornamento dei dati noti accompagnato da approfondimenti storico-critici attraverso una pubblicazione scientifica destinata agli specialisti, dall’altro una ‘restituzione’ degli stessi dati alla cittadinanza mediante un’esposizione temporanea rivolta al grande pubblico. Ciò nella convinzione che portare fuori dal ristretto ambito accademico conoscenze – che entrino a far parte del patrimonio di tutti e contribuiscano all’acquisizione di una maggiore identità culturale – possa dare un maggiore senso all’attività di tutela condotta quotidianamente dalla Soprintendenza, agli oneri economici sostenuti dai tanti imprenditori che si trovano confrontarsi con il problema dei rinvenimenti archeologici, ai piccoli disagi inflitti alla cittadinanza con l’esecuzione degli scavi.

Le fonti antiche ci raccontano che Parma, fondata come colonia romana nel 183 a.C., sorgeva su un territorio appartenuto prima agli Etruschi e poi ai Galli.
Sorta su un sito che all’attrattiva della disponibilità d’acqua e di terreno abitabile aggiungeva la posizione lungo antichissime vie commerciali che attraversavano la regione emiliana, Parma è pertanto una città nata più volte: per questo motivo parliamo di ‘storie’, alludendo a momenti di sviluppo della città che nel tempo hanno avuto caratterizzazioni diverse, determinando vere e proprie soluzioni di continuità e nuovi ‘inizi’ della sua vicenda storica.
Le scoperte archeologiche dell’ultimo decennio, rimaste finora inedite, hanno dunque riportato alla ribalta il ruolo del centro in epoca preromana nell’ambito della regione emiliana occidentale, da sempre ‘terra di confine’ posta tra l’Etruria propria e e le culture dell’Italia settentrionale (Veneti, Liguri, cultura di Golasecca), nonché punto di passaggio obbligato per le comunicazioni con i Celti d’Oltralpe.
Si tratta di una serie di insediamenti di tipo stabile e di sepolture che si collocano intorno al centro urbano attuale e che testimoniano la continuità di occupazione a partire almeno dal VII secolo a.C. avanzato. Caratterizzati dalla presenza di materiali che denotano profondi legami con il mondo etrusco, questi ritrovamenti mostrano al tempo stesso connotazioni riconducibili a una ‘cultura mista’ determinata proprio dalla posizione della città e dal suo contatto con le diverse culture circostanti, e consentono pertanto di chiarirne meglio il ruolo storico anche nel più vasto ambito regionale.
Una stessa fortunata stagione di scavi e scoperte ha messo in luce i documenti archeologici della prima occupazione di Parma in epoca romana, dopo la ‘parentesi’ gallica durata per oltre due secoli e di cui soltanto ora sono state scoperte le prime testimonianze materiali.
È così risultato che, dopo la parentesi del V e del IV secolo a.C., le cui scarse testimonianze sembrano attestare la riduzione o la scomparsa dei centri abitati precedenti in corrispondenza con la prima presenza celtica nella pianura Padana, nel corso del III secolo il popolamento di Parma ha conosciuto un rinnovamento, in forme strutturate, con una concentrazione di tracce di abitato nel sito della città attuale, che preludono all’installazione della colonia nel 183 a.C.
È perciò nel contesto di un centro già formato, il quale in età gallica rivitalizzava il popolamento etrusco di età arcaica, che si installarono i coloni Romani. Di questa colonia gli scavi degli ultimi decenni hanno rivelato le testimonianze più antiche, sia dal punto di vista della vita civile che delle forme di culto, dove meglio si esprime il confronto tra la cultura latina ed italica con il mondo celtico e ligure.
Grazie a un esemplare incontro tra i dati archeologici e le fonti letterarie (che in futuro avrà eco anche nei libri di scuola), viene così pienamente confermato il resoconto dello storico latino Tito Livio, che ricorda come “a Modena e a Parma furono fondate colonie di cittadini Romani, nel territorio che poco prima era stato dei (Galli) Boi, e prima ancora degli Etruschi”.

Il comitato scientifico della mostra
LUIGI MALNATI
DANIELA LOCATELLI
DANIELE F. MARAS


Scheda della mostra

«STORIE DELLA PRIMA PARMA» Etruschi, Galli, Romani: Le origini della città alla luce delle nuove scoperte archeologiche

L’esposizione si articola in quattro sezioni, disposte lungo il percorso di visita alle collezioni storiche del Museo Archeologico Nazionale di Parma, a partire dalla stanza che normalmente ospita il ciclo scultoreo giulio-claudio di Veleia.

Sala 1 – Sulle tracce degli Etruschi
Stampiglia con danzatori impressa su un vaso di bucchero - Parma, loc. S. Pancrazio, VI secolo a.C.Pannelli didattici e vetrine sono disposti a formare un teatro attorno a una grande carta del territorio di Parma che campeggia al centro della sala, sulla quale sono dislocati le scoperte archeologiche e gli scavi illustrati dall’esposizione, per lo più riferibili a un periodo compreso tra la fine del VII e gli inizi del V secolo a.C.
Sul lato destro vengono illustrate tematiche generali che riguardano la civiltà etrusca e la sua presenza nella pianura Padana: tramite apparati grafici fissi e immagini proiettate su uno schermo centrale il visitatore viene introdotto nel panorama storico e culturale che fa da cornice ai materiali esposti in mostra.
Una piccola gradinata a due ordini collocata sul lato opposto della sala, coronata dalle silhouette di tetti di capanne immaginate come un lontano sfondo, consente di sedersi a guardare la presentazione di immagini. Ai lati della gradinata due grandi spazi vetrati ospitano i materiali archeologici che meglio illustrano i legami della Parma arcaica con l’Etruria, nonché le svariate e possibili sfaccettature che tali rapporti potevano assumere, dalla presenza di persone che parlavano e scrivevano in etrusco (iscrizioni su vasi), agli scambi commerciali (le importazioni di bucchero con stampiglie), all’imitazione di forme e oggetti tipici, che segnalano così la vicinanza culturale dei due ambienti.

Sala 2 – Vivere in un villaggio dell’età del Ferro
Qui si affrontano le tematiche della vita quotidiana e del lavoro nei villaggi di Parma arcaica, tramite ricostruzioni grafiche e ambientali disposte ai lati di una rampa che consente di superare il dislivello fino all’accesso alla sala successiva.
Pendente a rotella di bronzo - Parma strada Baganzola - VI secolo a.C.Su un lato il visitatore viene illusoriamente introdotto (e posto a sedere, su dei sacchi di juta) nello spazio interno di una capanna di VI secolo a.C., immaginata in base ai resti di quella rinvenuta nello scavo di via Saragat: la riproduzione a terra di quanto messo in luce in scavo viene completata a parete dalla ricostruzione ipotetica del suo interno, mentre pannelli illustrativi disposti attorno spiegano quali sono le fonti di informazioni attraverso le quali possiamo immaginarci l’aspetto di queste abitazioni e il loro evolversi nel corso del tempo.
La metà destra della sala è invece occupata dalla riproduzione ambientale a grandezza naturale di un settore dello scavo di località San Pancrazio in cui è stato rinvenuto un grande impianto per la produzione della ceramica, caratterizzato dalla presenza di molteplici fornaci di cui rimangono le fosse delle camere di cottura con le pareti arrossate dal calore della combustione. Il funzionamento delle strutture antiche e la loro struttura in alzato viene invece illustrata e spiegata da pannelli disposti lungo le pareti.
Due vetrine espongono infine materiali provenienti dai villaggi parmensi di S. Pancrazio, strada Baganzola, via Saragat, Casalora di Ravadese, appositamente scelti per illustrare, oltre che la produzione di vasi e le sue caratteristiche, i principali aspetti della vita quotidiana, quali l’abbigliamento, la tessitura, la conservazione e il consumo dei cibi.

Sala 3 – Rituali sacri e funerari
Resti di quadrupedi in deposizione rituale in corso di scavo, da via Saragat - epoca arcaicaApre la sala l’esposizione di uno scheletro di bue, conservato all’interno di un pane di terra asportato in blocco in corso di scavo. Esso è stato rinvenuto assieme ad altri animali all’interno di una fossa in località via Saragat, dove – ai margini dell’area abitata – erano alcune sepolture. La posizione nella quale l’animale è stato trovato, con le zampe legate a due a due tra di loro, fa pensare che fosse stato ucciso e intenzionalmente deposto integro, forse come offerta alle divinità dell’oltretomba. Sulla parete al di sopra viene proiettato un video che illustra le principali fasi della scoperta, della ripulitura, del consolidamento e dell’asportazione dello scheletro stesso.
Ancora ai margini di una piccola necropoli è stata rinvenuta, in località Pedrignano (area SPIP), una grande quantità di vasellame in bucchero di forme e dimensioni del tutto particolari, che è stato possibile parzialmente ricostruire grazie al paziente lavoro dei restauratori della Soprintendenza. Si tratta di alti sostegni e di vasi di grandi dimensioni probabilmente utilizzati per cerimonie rituali legate al culto dei morti e poi intenzionalmente fratturati e raccolti all’interno di una grande fossa collocata in prossimità delle sepolture.
I corredi di due tombe a dolio rivenute in strada Baganzola, contenuti in speciali strutture espositive a teca destinate a rimanere nell’esposizione permanente del museo, servono a illustrare un aspetto tipico dei rituali funerari di VI secolo a.C. nella parte più occidentale della pianura emiliana. In questo periodo essa è infatti disseminata da piccole necropoli in cui tombe a inumazione entro fossa si mescolano a sepolture nelle quali le ceneri dei defunti vengono deposte in grossi contenitori (dolî) insieme a oggetti di abbigliamento in bronzo come fibule, ganci di cintura e pendagli. Una di quelle rinvenute più di recente a Casalora di Ravadese – esposta in maniera da riprodurre la situazione di scavo, con il dolio ancora sepolto e l’imboccatura appena affiorante dal terreno – doveva forse appartenere a un guerriero di origine straniera sepolto insieme al suo pugnale, in cui la particolare terminazione del fodero ricorda armi della zona alpina e transalpina nord-orientale.
A necropoli di un periodo leggermente più recente, datate tra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C., si riferiscono le tombe recentissimamente scoperte in località Botteghino, dove si riscontra invece l’uso di coprire le sepolture con grandi calotte di terra, fino a formare i cosiddetti tumuli, presenti sia in molte culture dell’Italia antica, che nel mondo celtico transalpino. Spesso completati da recinti e palizzate, i tumuli funerari racchiudevano le sepolture di più individui membri di uno stesso gruppo familiare, di cui celebravano l’importanza proprio con la loro caratteristica di ‘marcare’ il paesaggio e di essere visibili anche da lontano. I corredi della necropoli di Botteghino sottolineano inoltre - con la presenza di ornamenti in ambra, corallo e conchiglie - i legami di carattere ‘internazionale’ che queste famiglie altolocate intrattenevano con il mondo mediterraneo, tramite doni reciproci o scambi commerciali.
Conclude la parte dell’esposizione relativa alla fase preromana di Parma un gruppo di piccole teche inquadrate da un ricco apparato illustrativo, nelle quali sono esposti vasi, frammenti ceramici e ornamenti in bronzo che per la loro forma o decorazione si avvicinano a quelli prodotti nelle aree culturali limitrofe, come quella veneta e ligure, o quella celtica della cosiddetta cultura di Golasecca. A dimostrare che, sebbene profondamente etruschizzati, i villaggi della Parma arcaica erano collocati in “territorio di frontiera” esposto a molteplici influenze, nonché alla possibilità di un popolamento misto proveniente dalle regioni circostanti.

Sala 4 – Un nuovo inizio: la romanizzazione
Con l’ultima sala si intendono illustrare il processo di formazione che porta alla costituzione della colonia romana di Parma nel 183 a.C. e le prime fasi di vita della città fino al triste periodo delle guerre civili, quando essa, schierata con il Senato, venne distrutta dalle soldataglie di Marco Antonio.
Il passaggio di quasi due secoli che porta dal popolamento sparso dell’età del ferro alla costituzione di un villaggio unico e stabile presso un guado del torrente Parma nel III secolo a.C. e poi alla fondazione coloniaria, viene simbolicamente scandito da un ponte in legno che attraversa il corso del fiume e insieme quello del tempo. A destra del ponte sono esposti prima i reperti relativi agli strati più antichi della città, attribuibili al villaggio dove Galli e Liguri convivevano ma in cui già giungevano anche importazione da area centro-italica, poi tre grandi falci in ferro rinvenute sovrapposte l’una sull’altra, deposte secondo un probabile rito di fondazione di origine celtica.
Statuetta d'oro di divinità - Parma- piazza Ghiaia, II secolo a.C.Il ponte conduce verso il guado del torrente Parma: il corso del fiume è reso grazie a un effetto multimediale proiettato sul pavimento, nel quale le due vetrine di quest’area sembrano immerse. Esse espongono i reperti del recentissimo scavo presso piazza Ghiaia, dove è venuta in luce una grande stipe votiva piena di reperti in metallo (statuette, elementi decorativi e di abbigliamento, placchette iscritte, oggetti simbolici, tutti spesso frammentari) e moltissime monete. Si tratta della testimonianza di un rito di passaggio che consisteva nel sacrificare alla divinità fluviale un obolo per garantirsi la buona sorte: le monete si datano a partire dalla fine del III secolo a.C., quindi all’epoca del villaggio gallico, e arrivano fino alla prima età imperiale.
Un altro importante santuario di età repubblicana, datato tra III e II secolo a.C., era collocato dall’altra parte della città, in viale Tanara. Dedicato a divinità femminili, probabilmente Cerere e Proserpina, ha restituito statuette in terracotta e, da un pozzo sacro, una palla in legno, reperto rarissimo che rappresenta l’offerta di una fanciulla che passava dalla pubertà all’età adulta.
L’ultima vetrina, ricca di numerosi reperti in ottimo stato di conservazione provenienti dallo scavo della Sede della Cassa di Risparmio, documenta la vita della colonia in età repubblicana, con le ceramiche locali, quelle d’importazione e i reperti architettonici provenienti dal Capitolium, il principale tempio della Parma romana.
L’esposizione si conclude con la foto dell’epigrafe monumentale di Lucio Mummio, il conquistatore di Corinto del 146 a.C. e forse uno dei protettori della città, il cui originale è esposto nella sala al piano inferiore del Museo, e con la tabella bronzea su cui è incisa la legge che sancisce il raggiungimento della cittadinanza romana da parte degli abitanti della Gallia Cisalpina.


Presentazioni delle autorità

DIREZIONE GENERALE PER LE ANTICHITÀ
LUIGI MALNATI, Direttore Generale per le Antichità
L’esposizione che si apre a gennaio nelle prestigiose sale del Museo Archeologico Nazionale di Parma su iniziativa della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna e della Fondazione Cariparma vede tra i suoi promotori anche la Direzione Generale per le Antichità del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Ciò per una serie di motivi che non si esauriscono con il fatto contingente che ero stato, all’epoca della mia Direzione della Soprintendenza di Bologna, tra gli ideatori di questa impresa insieme a Daniela Locatelli e Daniele Maras.
“Storie della prima Parma” è infatti una mostra che, per una serie di ragioni di carattere soprattutto metodologico, nonché di impostazione culturale nella comunicazione archeologica, ha una valenza che supera i confini locali e assume un rilievo nazionale. Non si tratta infatti di esporre una serie di reperti archeologici che hanno un particolare valore estetico o una qualche suggestione di carattere emotivo, al di là del rilievo indubbio che alcuni dei manufatti esposti hanno anche da questi punti di vista. Si tratta di dare conto al pubblico, sia a quello degli esperti che a quello degli appassionati e più in generale alla cittadinanza, del lavoro svolto in più anni del personale dell’Amministrazione dei Beni Culturali e della Soprintendenza per i Beni Archeologici, a tutti i livelli, e di presentarne i risultati sul piano storico e scientifico. Si tratta in sostanza di mostrare i motivi di fondo dell’attività di tutela del patrimonio archeologico a Parma come su tutto il territorio nazionale, che non consiste nel recuperare semplicemente dei reperti eccezionali dal punto di vista estetico o del loro valore patrimoniale, ma di farli “parlare”, leggendone e interpretandone il contesto di rinvenimento.
Quali dunque gli scopi dell’esposizione?
Viene narrata la vicenda della nascita di Parma dalle premesse che risalgono al VII secolo a.C., e che si devono riferire a popolazioni di stirpe ligure, che si trovarono a confrontarsi con gli Etruschi che si avviavano a conquistare la valle Padana, almeno nella sua parte meridionale, fino alla fondazione della colonia romana e alle vicende dei suoi primordi in età repubblicana, passando attraverso le poche testimonianze di una presenza gallica, che tuttavia a Parma fu certamente importante.
L’esposizione si basa soprattutto, anche se non esclusivamente, su materiali archeologici assolutamente inediti ed esposti per la prima volta al pubblico restaurati e riordinati secondo una sequenza cronologica e tematica che aiuta i visitatori a seguire l’evoluzione storica del territorio dai primi insediamenti dell’età del Ferro, organizzati in villaggi già nettamente strutturati, alla scelta del sito della città e alle prime manifestazioni urbane.
Vengono presentati i risultati di molti scavi condotti negli ultimi anni in città e negli immediati dintorni, qualche volta appena conclusi, con una tempestività che è molto rara in Italia e che, se espone a qualche possibile incertezza sulle interpretazioni fornite, ha il merito di restituire in tempo reale i dati su cui archeologi e storici stanno lavorando o possono lavorare. In questi scavi non ha operato solo la Soprintendenza; sono anche il frutto dell’impegno degli archeologi professionisti, delle imprese specializzate in archeologia che li hanno eseguiti e delle ditte che li hanno finanziati nel corso dei lavori, alcune delle quali hanno anche contribuito come sponsor alla Mostra.
Infine, come si diceva, tra tante esposizioni che cercano un successo mediatico sulla base della esaltazione di singoli reperti “straordinari”, questa mostra – eminentemente archeologica – ha un valore emblematico per la capacità di trarre dagli scavi tutte quelle informazioni utili per ricostruire il nostro passato, che è lo scopo del nostro lavoro e il motivo fondamentale per cui bisogna preservare il nostro patrimonio.
Per questo la Direzione Generale si è impegnata direttamente, a fianco della Soprintendenza, non solo in prima persona tramite chi scrive, ma anche con i propri progettisti, architetti ed archeologi.

FONDAZIONE CARIPARMA
CARLO GABBI, Presidente Fondazione Cariparma
Le recenti, inattese scoperte archeologiche che alimentano la mostra “Storie della prima Parma” danno nuovo significato alla storia del capoluogo emiliano: un importante tassello per una rinnovata lettura delle nostre origini e della nostra cultura.
Un allestimento che la Fondazione Cariparma –nell’ambito del proprio impegno in favore della cultura e dell’istruzione– sostiene con profonda motivazione, certa del doveroso impegno affinché tali nuove conoscenze possano divenire patrimonio di tutti.
Sempre più, infatti, lo studio del nostro passato ci permette di meglio comprendere il (difficile) presente, ché anche nella storia antica non di rado sono rintracciabili, a mo’ di filo rosso, le radici alla base del nostro vivere sociale.
Non cosa da poco, benché nel nostro Paese l’appartenenza ad un patrimonio storico unico forse, al mondo, sia vissuta nell’ordinario quotidiano: l’opportunità di scoprire nuovi “passati”, pur remoti nel tempo, non va unicamente a soddisfare un’esigenza di distaccato sapere, ma è il presupposto – con particolare riferimento alle nuove generazioni – per una più matura coscienza civile e ambientale.
La Fondazione Cariparma è un ente non commerciale con personalità giuridica di diritto privato ed è nata il 13 dicembre 1991 a seguito dello scorporo dell’azienda bancaria già appartenente alla Cassa di Risparmio di Parma e Monte di credito su pegno di Busseto, attuato con decreto del Ministro del Tesoro emanato ai sensi della Legge 30 luglio 1990.
La Fondazione ha così proseguito ed ampliato le attività di utilità sociale a favore del territorio – precedentemente svolte dalla banca – utilizzando il reddito proveniente dal proprio patrimonio per contribuire alla realizzazione di iniziative e progetti rivolti ai settori dei servizi alla persona, dell’arte e della ricerca scientifica.
Dal gennaio 1992 al dicembre 2012 la Fondazione ha assegnato contributi per circa 373 milioni di Euro. Beneficiarie di tali risorse sono state tutte le categorie dei soggetti giuridici che possiedono i requisiti stabiliti dalla legge, operanti in tutto il territorio provinciale e, in occasione di particolari situazioni di emergenza o di vicinanza di relazione e di rapporti, anche realtà operanti a livello nazionale o al di fuori dei confini nazionali

SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELL’EMILIA-ROMAGNA
FILIPPO MARIA GAMBARI, Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna
La mostra che si presenta presso il Museo Archeologico Nazionale di Parma, nata dall’iniziativa della Soprintendenza, curata dalla Direzione Generale Antichità del Ministero per i Beni e le Attività Culturali con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna e sostenuta come main sponsor dalla Fondazione Cariparma, cui si aggiungono contributi ulteriori a partire da quello del Comune di Parma, rappresenta una sintesi nuova e mai presentata al vasto pubblico per dare concretezza alle scarse notizie storiche sulla fondazione della colonia romana di diritto latino di Parma nel 183 a.C. “in un territorio precedentemente dei Galli Boi e degli Etruschi”, illuminando le origini preromane e le prime fasi di avvio della colonia. Il percorso della mostra riordina una serie di interventi di archeologia urbana diretti dalla Soprintendenza, ricucendo in una sintesi coerente i dati raccolti in momenti e circostanze diverse.
Dopo l’avvio come centro protourbano nel corso della medio-tarda età del Bronzo, con una estesa terramara parzialmente indagata negli scavi urbani e non rappresentata nella mostra perché documentata da tempo nella sezione preistorica del museo, il territorio corrispondente all’attuale comune appare spopolato fino all’età del Ferro ed alle presenze villanoviane ed etrusche, in un quadro che appare in rapido sviluppo soprattutto con il VI secolo, quando però il più esteso polo demografico noto ad ovest dell’Enza è costituito dall’abitato di Siccomonte, nel Fidentino, che nel momento del suo maggiore sviluppo si estende su oltre 11 ettari, con una netta articolazione degli spazi interni. Sembra dunque che fino alla fondazione della colonia romana il territorio dell’attuale Parma fosse sede di un popolamento sparso, legato allo sfruttamento agricolo e dei depositi d’argilla ed al controllo del guado sul torrente Parma. Eppure il nome stesso della colonia, da cui deriva l’idronimo, d’origine non latina, è oggi collegabile grazie anche alle recenti sempre più solide acquisizioni della linguistica celtica ad un radicale celto-ligure dal significato di “conca, catino”, da cui deriva anche il nome del piccolo scudo rotondo, d’origine ligure, adottato dalla cavalleria romana. La mostra cerca dunque di evidenziare gli indizi di presenze significative per definire il ruolo del territorio pur in assenza finora di precisi riscontri preromani a carattere urbano.
Per la Soprintendenza, oltre all’importanza della proposta al mondo scientifico ed all’opinione pubblica di nuovi elementi per la conoscenza della storia del territorio emiliano, è fondamentale cogliere l’occasione per far comprendere il significato e lo scopo di tanti piccoli cantieri, vissuti spesso con qualche fastidio dall’utenza, che in varie parti del territorio comunale attraverso il controllo di opere pubbliche e private hanno consentito di raccogliere pazientemente tutti i dati anche quando apparentemente tasselli isolati, quei dati che oggi invece si fondono a completare un puzzle che lascia intravvedere il disegno complessivo, pur se ancora lacunoso per molte tessere.
La mostra diventa così contemporaneamente un ringraziamento ed un riconoscimento a tutti quanti hanno operato per favorire la costruzione di questa ampia messe di dati oltre che uno stimolo per continuare a segnalare e ad agevolare il difficile lavoro degli archeologi per la ricostruzione sempre più precisa di un passato che non è mera curiosità scientifica ma costituisce tangibilmente le radici identitarie di una comunità e di un territorio.


Ufficio stampa mostra
StudioBegnini – Roma (Roberto Begnini e Flaminia Persichetti)
tel. 06 83902768 info@studiobegnini.it  www.studiobegnini.it

Ufficio comunicazione con i media della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna
Carla Conti tel. 051 220675-224402-223773 carla.conti@beniculturali.it

Ufficio stampa Fondazione Cariparma
Giovanni Fontechiari tel. 0521 532112 fontechiari@fondazionecrp.it

Ufficio stampa Comune di Parma
Giancarlo Zanacca tel. 0521 40521 g.zanacca@comune.parma.it