Nuove sorprese dagli scavi nella Chiesa di Santa Maria degli Angioli a Spilamberto di Modena
 
Home - Comunicati stampa - Santa Maria degli Angioli
Ufficio stampa SBAER
11 novembre 2008

Quando l’archeologia aiuta la storia dell’arte

La statua Seicentesca di San Biagio al momento del ritrovamentoTrovati i resti di due sculture del ‘600 che si credevano perdute
Recuperati anche i muri perimetrali dell’Oratorio del ‘400 e porzioni di edifici medievali

Nel modenese, gli archeologi continuano a fare regali agli storici dell’arte: l’anno scorso recuperarono in San Francesco a Modena i resti di un’opera scomparsa di Antonio Begarelli, quest’anno, in una chiesa di Spilamberto, le teste e parte del busto di due statue in gesso di pregevole fattura, ritenute perdute. Realizzate nel 1642 da un ignoto plastificatore, le statue raffigurano San Biagio e San Carlo e in origine erano collocate ai lati dell’altare maggiore. Sono state trovate durante i lavori di restauro e riqualificazione della Chiesa di Santa Maria degli Angioli a Spilamberto di Modena; gli scavi hanno consentito anche il recupero di resti significativi del primo impianto medievale della città e dei muri perimetrali dell’antico Oratorio di Santa Maria di origine Quattrocentesca.
Da sempre i fedeli si rivolgono a San Biagio, medico e martire, per guarire dalle malattie. L’inaspettata scoperta conferma le fonti d’archivio sull’origine della chiesa, oggi di architettura seicentesca, ma di fondazione molto più antica. Il primo documento che attesta l’esistenza di un Oratorio, voluto dalla Confraternita di Santa Maria degli Angioli, risale al 1457; la sua attività, prolungatasi fino agli scorci del 1900, resterà sempre legata alla vita dello “Spedale” sorto per fornire assistenza a malati e bisognosi.
La Chiesa di Santa Maria degli Angioli, acquistata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola che la sta restaurando, ospiterà il nuovo Museo Archeologico di Spilamberto. I lavori di riqualificazione sono stati preceduti da indagini archeologiche realizzate sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e finanziati dal Comune di Spilamberto. Il Soprintendente Luigi Malnati e l’archeologo Donato Labate hanno diretto le indagini che sono state condotte sul campo dall’archeologa Anna Losi della Cooperativa Archeosistemi di Reggio Emilia.
Le ricerche archeologiche hanno prodotto risultati notevoli. Già i primi sondaggi, condotti dall’Ispettore onorario Luigi Orienti, membro del locale Gruppo Naturalisti, avevano portato in luce due distinti tratti di pavimento in cotto, databili all’impianto quattrocentesco e al rifacimento cinquecentesco, oltre a due grandi sepolcri utilizzati per i membri della Confraternita.
Le indagini successive, condotte da Archeosistemi, hanno interessato l’analisi delle stratigrafie sepolte: sono emersi resti di abitazioni del XIII secolo su cui sono stati appoggiati i muri perimetrali dell’Oratorio quattrocentesco. Nell’area del Coro attuale sono state trovate testimonianze di strutture medievali e una tomba a cassa laterizia, sicuramente destinata ad un personaggio di spicco della Confraternita. Nel loro complesso, gli scavi hanno restituito anche materiale metallico e reperti ceramici databili dal XIV al XVII secolo.
Le ultime indagini hanno interessato uno dei due sepolcri della navata della Chiesa, quello destinato ad ospitare le sepolture femminili: qui sono stati trovati quattro letti funerari in laterizio, sostenuti da archetti utilizzati come ossuari. Il sepolcro era già stato vuotato e riempito di macerie nel 1962, quanto la chiesa era stata acquistata dal sig. Gino Nanni che l’aveva adibita ad officina meccanica: al tempo, gli ossari furono svuotati del loro contenuto ed i resti dei Confratelli spostati nel cimitero comunale. È in questo sepolcro, a circa due metri di profondità, ricoverati sotto le arcate di due letti funerari, che sono state trovate le due statue di santi e alcuni elementi di rosario, inclusi due crocifissi in rame. Sono state inoltre trovate una dozzina di croci in marmo, provenienti dal cimitero di Spilamberto, qui collocate in occasione della riesumazione di alcuni confratelli e consorelle avvenuta, come suggeriscono le iscrizioni, verso gli anni Trenta del secolo scorso. Le croci sono tutto ciò che resta della traslazione, visto che le ossa, come si è detto, furono poi riportate al cimitero comunale negli anni Sessanta.

Per informazioni rivolgersi a Donato Labate (339.7930338 donato.labate@beniculturali.it ) oppure Anna Losi (AR/S Archeosistemi di Reggio Emilia, direzione@archeosistemi.it )