Modena. Nuove scoperte dagli scavi nell’ex Cinema Capitol in Via Università
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Ufficio stampa SBAER
12 marzo 2009

Gli archeologi Francesco Benassi, Federico Scacchetti e Francesca Guandalini di Ares RavennaMuri, elementi architettonici e una lunga tubatura disegnano i contorni di una domus di lusso

Vasta, sontuosa, quasi certamente dotata di un proprio impianto termale. I primi scavi nella domus romana sotto l’ex Cinema Capitol di Modena, già individuata negli anni ’60 durante la sua costruzione, confermano, se mai ce ne fosse bisogno, che tra la fine dell’età repubblicana e i primi secoli dell’Impero Mutina era una delle città più ricche e importanti della Regio Octava Aemilia.
Appena iniziati, gli scavi archeologici legati alla ristrutturazione dell’ex cinema, hanno portato in luce una grande quantità di materiale archeologico, tra cui spiccano muri, elementi architettonici e una lunga conduttura in piombo che forniva acqua a tutta la casa.
Questi rinvenimenti si legano a quelli degli anni '65-67 del secolo scorso quando i lavori di costruzione dell’ex cinema in Via Università portarono in luce i primi resti della domus e suppellettili in bronzo di grande pregio, elementi figurati di due letti triclinari, i piedi in bronzo di un tavolino e un getto per fontana in bronzo a forma di anatra, oggi esposti al Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena.
Tutto questo materiale fu recuperato da alcuni appassionati tra la terra di risulta del cantiere. Per questo, a quasi mezzo secolo di distanza, i lavori nell'ex cinema sono stati sottoposti fin dall'inizio al controllo dalla Soprintendenza Archeologia dell'Emilia-Romagna, che ha richiesto saggi in profondità per accertare la conservazione dei depositi archeologici non distrutti dai precedenti lavori.
Le indagini archeologiche hanno accertato la presenza di diversi tratti murari, orientati con la via Emilia, e di un giacimento archeologico ancora di situ, per uno spessore di circa due metri, contenente materiali di età romana databili dal momento della fondazione di Mutina, nel 183 a.C., al II-III sec. d.C. È stata recuperata una notevole quantità di ceramica a vernice nera, tessere di mosaico, lacerti di pavimenti in opus signinum, marmi ed elementi architettonici, lucerne, ceramiche da mensa, mattoni per colonne e per suspensurae per impianti termali.
Di fianco a un tratto di muro lungo circa 6 metri, e conservato per un'altezza di circa 1,2, è stata rinvenuta una fistula plumbea (conduttura in piombo) che verosimilmente alimentava lo zampillo che fuoriusciva dalla bocca dell'anatra. La conduttura è lunga circa 5 metri ed ha un diametro di circa 10 centimetri: era collegata all’acquedotto pubblico ed era in grado di soddisfare il fabbisogno idrico di una domus certamente ricca e con ogni probabilità dotata di impianto termale.
Dopo quasi mezzo secolo dai primi scavi, la fontana della ricca domus torna dunque a far parlare di sé.
Le indagini archeologiche, tuttora in corso, si svolgono sotto la direzione scientifica del Soprintendente Luigi Malnati e dell'archeologo Donato Labate, e sono coordinati sul campo da Francesco Benassi della cooperativa Ares di Ravenna.

Informazioni archeologiche: Donato Labate (339.7930338 - donato.labate@beniculturali.it ) e Francesco Benassi (archeo_benassi@yahoo.it ) - Foto Paolo Terzi